home21.jpg

Un hombre sincero all'Avana

Manuel doveva palesarsi a las nueve de la mañana in hotel dunque, intuito rapidamente l'andazzo generale, posso stare tranquilla che come minimo fino a mezzogiorno la mia querida presencia non sarà richiesta. Posso dunque raggiungere la plaza de la Revolución dell'Avana, una delle piazze più grandi del mondo. Più di un milione di cubani si sono radunati qui durante importanti celebrazioni politiche, ma anche per ascoltare Jovanotti che canta "Penso positivo".
Su un lato della piazza svetta il Monumento a Josè Martì, eroe, patriota, rivoluzionario, intellettuale, storico, sociologo, poeta, martire e chi più ne ha più ne metta. Si tratta di una torre alta più di cento metri accompagnata da un'enorme statua bianca dell'ometto, accigliato e compreso nel suo ruolo come si conviene. Con l'ascensore si può arrivare al punto panoramico più alto dell'Avana e ammirarla in tutto il suo splendore di grattacieli e giardini e quadras e mare bluissimo in fondo, mentre gli enormi rapaci che svolazzano si ritagliano uno spazio in quasi ogni foto. Se vuoi portare con te la macchina fotografica il prezzo del biglietto (mezzo stipendio medio di un cubano) raddoppia e già lì ti girano un po' le palle. Quando arrivi su e ti accorgi che tutti gli affacci sono protetti da vetri di una sporcizia incommensurabile, ti senti definitivamente preso per il culo.
Al bar dell'hotel cerco di raccogliere informazioni sulla Playa del Este, ma gli interpellati sono troppo impegnati ad appendere enormi angeli dorati a mo' di decorazioni per la festa in programma la sera e poi il volume dei video dei Van Van è troppo alto per riuscire a capirci qualcosa. Nell'indecisione ordino una Cristal. In quel mentre sopraggiunge al bancone Lazaro, il quale per prima cosa dice che conosce un po' di italiano perché sua sorella vive a Milano. Ripensandoci, la consequenzialità logica tra le due affermazioni non è così evidente come mi era sembrato in quel momento.
Questo medico specializzando in neurochirurgia sta in paranoia per due motivi: 1) gli hanno rubato il cellulare; 2) vuole diventare il più grande chirurgo di tutti i tempi. Nel frattempo studia su dei libroni di antiquariato pieni di polvere e come tutti i cubani un po' svegli si arrangia come può. Infatti mi conduce al paladar "La Tasquita", un ristorante autorizzato dallo Stato, di norma situato praticamente dentro una normale casa. Il cibo è, come promesso, una exquisita comida criolla. Lazaro cita il fatto di cronaca italiano del momento: Berlusconi colpito al volto da un souvenir a forma di Duomo di Milano. «Se, mentre parla Fidel,» fa lui «un uomo non dico lancia un Capitolio in miniatura, ma soltanto fa il gesto di lanciarlo, in tre secondi è circondato da un plotone armato». Il futuro neurochirurgo mi spiega inoltre che la sanità a Cuba è totalmente gratuita e molto qualificata, e infatti la diffusione dell'Aids è molto limitata, la speranza di vita è quasi a livelli europei e anche la mortalità infantile ha un'incidenza molto bassa.
Lazaro fa dei turni molto particolari in ospedale, tipo che lavora 24 ore filate e poi per due o tre giorni sta a casa. Siccome oggi sta a casa, terminato il pranzo mi conduce in un condominio affollato come un alveare, dove posso acquistare dei sigari di qualità a prezzo scontato, offerta riservata agli universitari ma di cui posso approfittare anche io. Siamo vicini alla celebre gelateria Coppelia, nota per i tempi di attesa così lunghi che innumerevoli coppie si sono conosciute e fidanzate mentre erano in fila; non per niente nel film "Fragola e cioccolato" fa da scenario all'incontro tra lo scrittore omosessuale critico del regime e il bravo giovane studente rivoluzionario.
La sera in hotel c'è la grande festa della vigilia di Natale e l'eleganza regna sovrana: la regola naturalmente è che più oro hai addosso meglio è.

Racconto di viaggio "NON VOGLIO IMPARARE A BALLARE! Cuba in lungo e in largo"