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Com'è piccolo il mondo

New York City

In questo racconto di viaggio, per protesta contro i luoghi comuni, non sono mai state usate le espressioni “grande mela” e “la città che non dorme mai”.

ANY POINT OF VIEW

Nonostante sia la prima volta che metti piede a Manhattan, avanzi nel reticolato di strade con inaspettata sicurezza: Sesta avenue, Quinta, Flatiron, Madison Square Park, The Church of the Transfiguration, Empire State Building, Bryant Park, Public Library. Dopo ventisei strade sei giunta alla tua meta. Un ascensore molto veloce ti porta al Top of the Rock, il terrazzo al 65° piano del Rockefeller Center. Attivi le procedure di geolocalizzazione. A nord il rettangolo verde di Central Park, con i boschi, le radure e i laghetti; dietro ai grattacieli il fiume Hudson e l'East River che scintillano. A sud, oltre Midtown e oltre Lower Manhattan, le isole e la statua della Libertà. A occidente si prepara il quotidiano spettacolo del tramonto, ma per fotografare il sole che scivola oltre Jersey City nel cielo rosa devi sgomitare tra la selva di smartphone e fotocamere e infilare la mano in uno dei pochi pertugi tra un vetro e l'altro. Insomma, il tramonto ti tocca guardarlo negli schermi degli altri device.
Poi, le luci della città cominciano ad accendersi: Radio City Music Hall, subway, The Lion King, Budweiser, Toshiba, Levi's, LG, Kinky Boots. La folla riempie i marciapiedi. I poliziotti del NYPD, felici, si mettono in posa con i turisti. Niente di nuovo: è il consueto delirio pacchiano di Times Square, che hai già visto molte volte al cinema. 
Se decidi di cenare all'americana non puoi facilmente sfuggire alle tentazioni della carne, ma se opzioni vegetables come contorno non puoi escludere che broccoli e fagiolini ti siano serviti crudi. Familiarizzi immediatamente con il concetto di tip (o mancia) obbligatoria. 
In poche ore a NYC hai imparato che la birra costa uno sproposito, dai tombini esce veramente il fumo e stanno tutti sullo smartphone. Ma è logico: oggi è uscita l’app “Pokémon GO”.

FIND YOUR ANCESTORS! AND MUCH MORE!
Prendiamo il traghetto per Staten Island ed è bello stare sul ponte mano nella mano a guardare il panorama di Manhattan che pian piano si allontana sul filo dell’orizzonte anche se non riesco a non pensare ai tanti che furono rispediti indietro per via degli occhi e dei polmoni malandati e mi domando come se la passassero poi in cittadine e paesetti di tutta Europa dopo aver visto New York anche solo di sfuggita, le torri altissime sull’acqua e le luci che brillano al crepuscolo mentre i rimorchiatori fischiano e le navi passano a sirene spiegate nei Narrows. Videro e sentirono tutto dalla finestra a Ellis Island? E gli faceva male il ricordo? Riprovarono mai a entrare da un posto in cui non ci fosse gente in uniforme che gli tirava su le palpebre e gli batteva con le dita sul petto?
(Frank McCourt, "Che paese l'America!")

La gita a Ellis Island e Statua della Libertà parte da Battery Park, estremo sud di Manhattan. La gestione dell’imponente massa di turisti che affolla i traghetti è impeccabile. Ad ogni angolo del tragitto c'è un omino che ripete tutto il giorno istruzioni ridondanti come: Cammina. Vai dritto. Gira. Sali. Scendi. Da un momento all’altro ti aspetti che ti ricordino anche di respirare: InspireExpire.
La Statua della Libertà appare nell'acqua. Sull'isola si sprecano pose originali in cui il fotografato finge di reggere sulle sue mani Miss Liberty oppure la fotografata impugna una inesistente fiaccola. Per entrare dentro alla statua bisogna aver prenotato eoni prima quindi niente.
Il Museo dell'immigrazione di Ellis Island illustra con dovizia tutte le procedure che i nostri antenati dovevano subire una volta giunti sul suolo americano, comprese le visite mediche, i test d'intelligenza, le ispezioni legali e le eventuali quarantene. Foto e oggetti in mostra permanente supportano le già note spiegazioni verbali, tra le piastrelle bianche in stile policlinico che ricoprono le pareti. Per soli 7 dollari puoi usufruire di mezz'ora di servizio di Immigrant Search, ossia cercare negli archivi notizie di un parente passato di qui (un cartello ti informa che più di 13 milioni di italiani risiedono attualmente negli Stati Uniti).

Presso il Museo nazionale degli indiani d'America, la signora Loporcìo ti svela che il noto richiamo pellerossa con la mano sulla bocca in realtà non ha alcuna verità storica. La suddetta impiegata ne approfitta per raccontarti la storia della sua famiglia. Sua madre, di origine algonchina, conduceva una vita molto ritirata in Minnesota finché un giorno, nel resort dove lavorava intrecciando cestini, conobbe un giovane che era in vacanza con uno zio. Il ragazzo aveva sangue latino nelle vene (i genitori erano degli italiani che avevano fatto un matrimonio per procura) e il suo eccitante alone di trasgressione (partecipazione a una guerra mondiale, mafia, delinquenza ecc.) fece subito presa sul cuore dell'ingenua fanciulla, che voleva evadere dalla sua noiosa vita di campagna. Da questa improbabile coppia è venuta fuori la nostra odierna signora Loporcìo – la quale, anche se aveva imparato l'italiano con i nonni, oggi non è in grado di parlarlo perché sua madre non approvava. E comunque sono curiosi questi americani: dopo aver fatto fuori quasi tutti gli amerindi, gli dedicano un museo.
Il bronzeo Toro di Wall Street (scultura abusiva dell'artista siciliano Arturo Di Modica) è assediato da una torma di turisti che cercano di toccarlo, mentre di fronte alla Federal Hall in posa con George Washington ci sono alcuni indiani veri (cioè dell'India). Nella chiesa episcopale neogotica della Santissima Trinità (Trinity Church) sembra che stiano girando una sit-com ma in realtà si stanno svolgendo le prove del matrimonio tra la signorina Lacivita e un irlandese biondo e belloccio, orchestrate da uno spassosissimo pastore di colore.
Il tour di Lower Manhattan diventa più morboso quando si entra nell’area di Ground Zero dove oggi, 15 anni dopo l’attacco alle Torri Gemelle, svetta il nuovissimo One World Trade Center, il quarto edificio più alto del mondo.  Il 9/11 Memorial – due vasche di porfido grigio, acqua che scorre di continuo sui nomi delle vittime incisi sui bordi – e il vicino museo sono pattugliati h24 da un’intera squadra di poliziotti dell’NYPD. Poi c’è il WTC Transportation Hub, una specie di scheletro di balena disegnato da Calatrava, e la St. Paul's Chapel, che oggi funge anche da museo (miracolosamente risparmiata dall’attentato, all'epoca degli eventi è stata usata come punto d’appoggio per tutti quelli che lavoravano intorno alle macerie dei grattacieli).

IMAGINE ALL THE PEOPLE

Quando scopri che la maggior parte delle sale del Guggenheim Museum ospitano la mostra di Moholy-Nagy, ti rammarichi di aver speso 25 dollari per il biglietto (tra l'altro, la città algerina fatta tutta di couscous l'hai vista anche alla Tate di Londra che però è gratis). Rendi omaggio a Giuseppe Mazzini e John Lennon nel Central Park, quindi sollevi lo sguardo fino alla statua di Cristoforo Colombo (“irriso prima, minacciato durante il viaggio, incatenato dopo") che svetta col suo vezzoso cappellino in cima ad una colonna alta circa 20 metri.
Dai un'occhiata a tutta la gente che fissa il proprio smartphone nella Grand Army Plaza, seduta sotto la statua dorata del generale Sherman, e deduci che qui sono nascosti un bel po’ di Pokémon. Trai dunque le tue riflessioni mentre ti incammini sulla Quinta strada ed entri da Tiffany, nella Trump Tower, da Abercrombie & Fitch e da Prada. Esponi poi il tuo commento mentre guardi le vetrine di Bulgari, Armani, Dolce & Gabbana, Valentino, Ferragamo e Versace.
Osservi come la gestione delle lattine sia nelle mani della comunità indocinese: minuscoli vietnamiti o laotiani muniti di cappello tipico che trasportano per le roventi vie della città enormi buste piene di "can" attaccate a un palo in equilibrio sulle spalle, proprio come se vivessero sulle rive del Mekong. Entri nella St. Patrick’s Cathedral per ammirare gli slanciati archi gotici. Ti aggiri infine negli eleganti ambienti del Waldorf Astoria alla ricerca di un bagno.

Prendi la subway fino al Village e ti siedi su una panchina di Washington Square Park a guardare l’umanità circostante che canta e suona, gioca e passeggia, pattina e pedala, spettegola e legge. All’ora di cena schivi i ristoranti cubani, spagnoli, francesi, caraibici, ebraici, mediterranei, italiani, indiani, giamaicani, messicani, mediorientali che infestano le traverse di Bleecker Street e ti dedichi a consumare un hamburger di circa 900 calorie. Ti chiedi come si possano raggiungere addirittura 1500 calorie con un solo hamburger ma, a giudicare dalle informazioni nutrizionali presenti nel menu, pare sia possibile. Immagini New York spaccata in due: una parte che corre rapida verso l'obesità, l'altra che diventa salutista.
Di sera, se apri bene gli occhi, nelle vie poco illuminate non è raro intravedere la sagoma di un ratto che sfreccia (e infatti non hai mai visto nemmeno un gatto randagio a Manhattan). Infine mediti sul fatto che alcuni marciapiedi sono interamente ricoperti di sacchi della spazzatura e affermi con amarezza che nei film New York sembrava più pulita.

BLACK LIVES MATTER
La vita privata di uomini e donne d’America, voleva dirci, era in via di estinzione a causa dell’esistenza pubblica delle armi, che erano diventate senzienti e stavano addirittura tentando di decimare e sottomettere la specie umana. Trecento milioni di armi viventi in America, un numero pari a quello della popolazione umana, che stavano cercando di crearsi un piccolo Lebensraum sbarazzandosi di una significativa quantità di esseri umani. Le armi avevano preso vita! Erano dotate di intelligenza propria, ormai! Volevano fare quel che era nella loro natura, id est e videlicet e cioè sparare. Di conseguenza, queste armi viventi consentivano ora agli uomini di spararsi nei pendagli mentre si mettono in posa per farsi un selfie da nudi, pow!, e incoraggiavano genitori a sparare accidentalmente ai figli in poligoni di tiro sicuri al cento per cento, accidentalmente?, lui non credeva proprio!, pow!, e inducevano bambini a sparare in testa alla madre che stava guidando il SUV di famiglia, blam!, e ancora non era arrivato alla questione delle stragi, rat-a-tat!, nei campus universitari, rat-a-tat-tat!, nei centri commerciali!, rat-a-tat-tat-tat!, Florida del cazzo, rat-a-ta-rat-a-ta-tat! Non aveva ancora cominciato a parlare delle pistole dei poliziotti, che prendono vita e li spingono a togliere la vita ai neri, le pistole dei veterani impazziti che li portano ad ammazzare poliziotti a sangue freddo. No! Non aveva ancora neanche iniziato a parlare di questo. La notizia che lui ci stava dando, in quella giornata invernale al parco, era che “le macchine assassine ci stanno invadendo”. L’arma inanimata si era animata, come un giocattolo che prenda vita in un film dell’orrore, come se il tuo orsacchiotto fosse capace di pensare e che cosa pensa? Pensa che vuole sgozzarti. Come possono le persone pensare alla propria vita privata mentre accadono queste cose atroci?
(Salman Rushdie, "La caduta dei Golden")

Il Whole Foods Market di Union Square funziona in un modo tipicamente newyorkese: fai la spesa al supermercato al piano terra, molto fornito anche di piatti pronti, poi paghi e ti vai a mangiare il tuo cibo ad uno dei tavoli al piano di sopra; qui un inserviente ti dice che non si può bere alcol e dunque la lattina di birra che hai appena comprato la puoi bere solo in albergo, quando è diventata caldissima. In compenso, tutto è biodegradabile.
Di fronte, nella piazza, intanto vanno avanti le manifestazioni "Black Lives Matter": ieri Alton Sterling, 37 anni, afro-americano, padre di cinque figli, è stato ucciso dalla polizia a Baton Rouge, Louisiana, dopo una colluttazione. Oggi un'altra morte incendia il clima tra forze dell'ordine e la comunità dei neri americani: Philando Castile, afroamericano di 32 anni, è stato colpito dagli spari della polizia mentre era in auto con la moglie e la figlia piccola. Stavolta è successo nei sobborghi di Minneapolis, Minnesota. L'uomo è stato portato in un ospedale in condizioni gravissime ed è morto poco dopo.

Il Metropolitan Museum è così grande che non ha alcun senso visitarlo tutto, se non per ammortizzare i 25 dollari di biglietto. Tranne una breve pausa sul terrazzo panoramico, esegui un vero e proprio tour de force dal padiglione egizio a quello di arte e architettura islamica, dall’estremo oriente al liberty e poi hai il coraggio di vedere tutti i quadri impressionisti più famosi del mondo e addirittura di sconfinare nelle sale dedicate all'arte contemporanea. Quando esci pioviggina, tu non capisci più niente e non te la senti di correre ai cloisters, che sono da tutt'altra parte. Ripieghi dunque sul Main Concourse, l'atrio principale della Grand Central Station; per la cena non mangi le ostriche al celebre Oyster Bar bensì ti dirigi verso la sede dell'ONU e con molto understatement ceni in un anonimo ristorantino cinese.
Passeggi tra le strade da archeologia industriale di Chelsea fino al molo, dove ti fermi per un drink in un suggestivo bar su una chiatta. Poi, incroci un'altra manifestazione. La scorsa notte, dopo i due omicidi di afro-americani e le conseguenti proteste, si è compiuta la strage di Dallas ad opera di un venticinquenne riservista dell'esercito americano che aveva prestato servizio in Afghanistan: cinque poliziotti sono morti e sette persone sono rimaste ferite, di cui due civili. Stasera si protesta contro il “white silence", il silenzio dei bianchi, che permette agli oppressori di continuare ad opprimere. Secondo i promotori, i bianchi hanno la responsabilità di usare il loro pigmento e il loro privilegio per combattere contro l’ingiustizia: tacendo, è come se prendessero loro stessi le pistole in mano. Il silenzio significa accettazione e invece non è accettabile un mondo in cui nel 2015 sono stati ammazzati così tanti neri dalla polizia.

Di domenica ti tocca assistere alla messa ad Harlem, che nel tuo caso si tiene presso la chiesa metodista di Salem. Sul programma del servizio dell’ottava domenica dopo Pentecoste in copertina i nomi e le foto dei morti della settimana, afroamericani e poliziotti. Il sermone del rev. Dr. Marvin A. Moss, Senior Pastor, che invita a pregare per questi fatti di cronaca apparentemente anacronistici, è disponibile anche su CD al prezzo di 7 dollari. Il momento più sentito è quello delle offerte, quando grossi piatti colmi di banconote (molte delle quali uscite dai portafogli dei turisti stranieri che costituivano la maggior parte assoluta della platea) venivano condotti all’altare.
L’eleganza degli abiti della domenica è quella che hai imparato a conoscere sin da piccola guardando sit-com come I Jefferson e I Robinson. Alcuni abitanti di Harlem hanno sfoggiato queste mise per recarsi al ristorante e rimpinzarsi di un abbondante e tipico brunch. Tu invece anche oggi hai pranzato con un paio di bagel offerti con munificenza al monotematico buffet mattutino dell’hotel, riempiti di philadelphia e incartati in un tovagliolo.

DON'T BECOME A STATISTIC

Se prevedi di trascorrere diversi giorni a New York, ti conviene acquistare la metrocard, che dura una settimana e ti permette di utilizzare liberamente tutte le linee della metropolitana. È facile prendersi una bronchite nella subway: sottoterra c'è un caldo infernale, ma quando si entra nel treno la temperatura scende precipitosamente congelandoti il sudore sulla schiena. Il biglietto ti informa che 145 persone sono state investite dalla metropolitana nel 2014 (58 delle quali sono morte) e dunque ti consiglia di stare indietro e non diventare così una statistica. Per fortuna i ciechi trovano sempre qualcuno che li aiuta.

La fermata di "Eastern Parkway Brooklyn Museum Station" ti permette di raggiungere rapidamente i Giardini botanici di Brooklyn – che però non sono belli come quelli di Montréal, ad esempio. "Clark St" invece è la più vicina ai Brooklyn Heights e alla imperdibile Promenade: percorrendola tutta verso nord, raggiungi il ponte di Brooklyn e il quartiere Dumbo. Stanno tutti qua a farsi le foto e a sfoggiare i loro abiti eleganti per i vari matrimoni dominicani, battesimi italiani, quindicesimi compleanni messicani, prima di entrare nelle limousine lunghissime che li attendono in fondo. 
La vista mozzafiato di Manhattan è resa fiabesca dalla nebbia che diventa sempre più fitta col passare del tempo e nasconde le cime dei grattacieli più alti.
Suggestionata dagli eventi passati e presenti, una certa ansia l’hai provata quando, percorrendo le strade di Dumbo, hai visto il fumo di un’esplosione, dei mattoni che precipitavano sulla strada, un uomo steso per terra vicino ad un’automobile senza sportelli. Quando poi ti sei avvicinata e hai notato che la gente non sembrava affatto preoccupata, ti è venuto in mente che NY è la città dove si girano più film in assoluto. E infatti hai riconosciuto la macchina da presa e quando la scena è finita hai notato che i mattoni erano di un materiale leggerissimo. Che paese l'America! 
A quel punto sei andata a farti un aperitivo che è poi sfociato in cena in un ristorante messicano.

ON THE BRIDGE

"Non ho mai conosciuto gente più amichevole dei newyorkesi in vita mia", afferma senza incertezze questo ometto fiducioso col berretto da baseball che è con te nell'ascensore dell'hotel. "We are from Phoenix, Arizona", chiosa la moglie, come se tu non fossi in grado di leggere il nome della loro città scritto a grandi lettere maiuscole sulla t-shirt del marito.
Rinvigorita da questo ottimismo un po’ beota ma tipicamente americano, ti appresti a visitare il MOMA. Il museo di arte moderna appare meno dispersivo del MET, poiché per fortuna è dedicato soltanto all’arte contemporanea. L’audioguida compresa nel prezzo sceglie per te le opere imperdibili (le Demoiselles d’Avignon, la Danza di Matisse, i futuristi, Picasso, Rauschenberg, la Merda d’artista) e, quando c’è, opzioni la spiegazione per bambini, molto più significativa.
Inganni il tempo percorrendo un pezzo di High Line e poi all’orario giusto prendi la metro per "High Street - Brooklyn Bridge Station", da dove puoi iniziare la passeggiata sul Brooklyn Bridge proprio durante il quotidiano spettacolo del tramonto. 
Per cena specialità venezuelane nell'East Village. Oggi stranamente non c’è stato nessun evento catastrofico di cui ti è giunta notizia, ma non puoi fare a meno di pensare alla crisi gravissima che c’è in Venezuela mentre tu qui a New York ti sbafi le loro tipiche arepas.

IT'S A SMALL WORLD
Le origini del Joker erano controverse, e lui stesso sembrava alimentare con un certo gusto la competizione tra le contrastanti versioni della sua storia, ma su una cosa tutti, sostenitori appassionati e acerrimi antagonisti, concordavano: era completamente pazzo, in maniera certificabile. La cosa sbalorditiva, che rendeva questa elezione diversa da tutte le altre, era che proprio per la sua follia, non malgrado questa, trovava appoggio fra la gente. Cose che avrebbero squalificato qualsiasi altro candidato facevano di lui un eroe agli occhi dei suoi seguaci. Taxisti sikh e cowboy al rodeo, bionde rabbiose della cosiddetta alt-right e neurochirurghi neri erano d’accordo: noi adoriamo la sua pazzia, niente eufemismi buonisti, se lo toccano lui spara, dice quel cazzo che vuole, rapina tutte le banche che gli va di rapinare, ammazza chi gli pare, è il nostro uomo. Il cavaliere-pipistrello nero è volato via! È l’alba di un nuovo giorno, e sarà incredibile! Onore agli Stati Uniti del Joker! USJ! USJ! USJ!
(Salman Rushdie, "La caduta dei Golden")

Fai colazione davanti al maxischermo sintonizzato sullo speciale CNN “America’s choice 2016”. Trump afferma senza tentennamenti: “I am the law and order candidate”.
La tua meta odierna è il quartiere italiano che si trova a sud di Brooklyn: scendi alla diciottesima e passeggi tra pizzerie e barbieri bianchi rossi e verdi. Questo barista col parrucchino, di origine calabrese, annuncia con entusiasmo che voterà per Trump. Gondole di ceramica, Crodini, banconote da mille lire, souvenir fatti di conchiglie decorano gli scaffali di zinco dietro il bancone. Il caffè lo offre lui ed è meglio non insistere: la sua mano sul tuo polso è piuttosto ferma. Altri oriundi meridionali che giocano a carte seduti al tavolino sul marciapiede ti informano che c’è stato un terribile incidente in provincia di Bari. La collisione tra due treni è avvenuta alle ore 11:06 nella campagna andriese, in mezzo agli uliveti. Al momento non ti sanno dire l'entità della tragedia, ma poi scoprirai che ci sono stati più di venti morti. 
L’incontro successivo è con il barbiere Ernesto e il suo amico, entrambi di origine siciliana e muniti di baffi e crocifissi d'ordinanza. Parlano come nel più becero dei film sugli italoamericani.

Oggi il tuo bagel incartato nel tovagliolo te lo mangi sulla spiaggia di Coney Island, affollata di gabbiani e bagnanti di tutte le nazionalità, molti dei quali vestiti. Per pochi giorni ti sei persa la gara dei mangiatori di hot dog, che si tiene ogni 4 luglio (per la cronaca, il record femminile è 45, quello maschile 73 e mezzo). Non è il caso di fare un tuffo perchè il mare è agitato e comunque un piacevole venticello rende la temperatura accettabile. Sulla passeggiata pavimentata in legno i turisti si ingozzano di panini, gelati e milk shake; avvicinandosi all’acquario, sempre più cartelli sono scritti in russo. All’interno rispetto alla spiaggia sorge il luna park più famoso del mondo: terrificanti urla provengono dalle giostre catalogate come “extreme thrill”.
L’ultima tappa a Brooklyn è Williamsburg, il quartiere radical chic dove i muri sono ricoperti di disegni colorati, le vecchie fabbriche convertite in localini di tendenza e le barbe e le caviglie scoperte denotano una massiccia adesione alla moda hipster. Il tramonto è giallo sui grattacieli di Manhattan dal parco dell’East River, rilassante pausa di bellezza tra partite di pallone, coppie che limonano, cani e padroni che fanno amicizia. 
Tornata a Manhattan entri nel noto ristorante Katz’s, nell’East Village, quello di Harry ti presento e bla bla, ma dopo aver assaggiato un boccone di pastrami cambi idea e ti dirigi al ristorante greco Souvlaki, dove è ricreato un suggestivo angolino di Grecia.

LITTLE ITALY

La High Line è la strada pedonale sopraelevata, parallela alla 10th Avenue, che segue il tragitto della vecchia West Side Elevated Highway, una linea ferroviaria risalente al 1930: fino al 1980, i treni merci scaricavano carni e altri prodotti nei magazzini del quartiere di Chelsea ancora oggi chiamato, non a caso, Meatpacking District. La passeggiata oggi è disseminata di giardini, panchine e diversi punti panoramici, da cui ammirare dall’alto strade, negozi e opere di architettura moderna. Se l’altro giorno avevi percorso soltanto un piccolo tratto vicino al Chelsea market, oggi parti dalla 23esima fino ad arrivare alla fine, sulla 34esima, proprio in riva all’Hudson. Da qui qualche altra strada e raggiungi Hell's Kitchen, un quartiere dal nome bellissimo che ancora ti mancava all’appello.
A Chinatown e Little Italy (ormai un tutt’uno) nonostante la fame non trovi nulla di tuo interesse: né la frutta tropicale e le radici esotiche nei mercati cinesi, né i noodles con maiale e le anatre laccate, né pasta e pizze dei vari ristoranti e pizzerie italiani di Grand Street e Mulberry Street, gestiti anch’essi da cinesi. Il posto poi è reso più patetico dai negozi di souvenir pieni di magliette e targhe di automobili con scritto, ad esempio, MAFIA. 
Per trovare una Little Italy più genuina prendi la metro fino al BRONX, che non è più quel posto pericoloso che ha reso il suo nome un’antonomasia, e oggi è popolato soprattutto da centroamericani. Al centro di un incrocio nella Little Italy of the Bronx c’è scritto “The good taste of tradition” intorno a una grossa bandiera italiana stampata sull’asfalto.

E infine stasera non si cena, dopo l’ottimo e abbondante pranzo indiano nel Greenwich Village, ma si pilucca soltanto un po’ di aragosta alla pescheria con tavolini di Chelsea market, ex fabbrica riconvertita in delizioso mercato coperto. A seguire un salto da Eataly per verificare quanto sono alti i prezzi dei pacchi di pasta e delle lattine di pelati e scartare la terrazza all’ultimo piano perché priva della promessa vista panoramica. La serata e l'intero viaggio terminano ai tavolini di Shake Shack in Madison Square Park.
Giunta in hotel, ti raggiungono le notizie sull’attentato di Nizza: un uomo alla guida di un autocarro ha investito in velocità la folla che assisteva ai festeggiamenti pubblici in occasione della festa nazionale francese, nei pressi della promenade des Anglais. Più di ottanta i morti, più di trecento i feriti, quasi trenta le nazionalità delle persone coinvolte nella strage. L'attentatore, alla fine, è rimasto ucciso dai colpi di arma da fuoco sparati dalla polizia contro la cabina di guida.

JET LAG

Ai controlli di sicurezza del JFK ti fanno togliere le scarpe ed entrare in una capsula che gira, dove devi stare con le mani in alto come un contrabbandiere. A quelli dell'altra fila, non solo non fanno togliere le scarpe, non solo non li fanno entrare nella capsula, ma c’è addirittura qualcuno di tua conoscenza che passa con una bottiglia di plastica piena d'acqua nella borsa.
Mentre sorvoli l'Atlantico, in Turchia hanno tentato un colpo di stato, ma quando lo apprendi sono le 5 di mattina, sei a Napoli ed è stato già sventato. 
La notte seguente non riesci a chiudere occhio e vedi un’alba stupenda dal balcone.

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