home52.jpg

VIAGGIO STAMPA SEMI-ENCICLOPEDICO

Tra Cork e il Kerry

Sono un po' enciclopedico, lo ammetto.
(Fraschetti the photographer)

Quando avevo diciannove anni non esistevano i voli low-cost, così acquistai un biglietto Inter-rail, mi fermai a Parigi e ad Amsterdam e poi attraversai la Manica, perdendo al terminal di Dover l'ultimo autobus che conduceva in città. Quella notte trascorsa all'aperto, nel freddo di un'estate nordica, la ricordo come il simbolo dell'inesperienza ma anche dell'avventura del viaggio improvvisato. Non importa che mi presi l'influenza e arrivai a Dublino in preda ai brividi, combinati con la destabilizzante sensazione di stare ancora in mezzo al mare.
Mentre lasciavamo la Gran Bretagna alla volta dell'Irlanda, nel bar di bordo conobbi un giramondo che suonava la chitarra: lo invidiavo moltissimo e mi vergognavo di dirgli che quello era il mio primo viaggio all'estero. Erano gli anni Novanta, le ragazze indossavano anfibi Dr Martens, lunghe gonne colorate e altri capi da mercatino. I giovani irlandesi avevano l'abitudine di bere il sidro in bottiglie di plastica e l'odore di birra era diffuso ovunque. Io provavo a leggere James Joyce senza capirci un tubo, Dublino era invasa dalla musica, a colazione mi servivano funghi e pomodori, il merchandising era tutto dedicato ai loro più esimi scrittori. A Galway, città universitaria nel Connemara, i colori del cielo nuvoloso erano fiabeschi e il mare d'acciaio in tempesta; mentre i gabbiani strillavano, io canticchiavo "Love is blindness" con commozione.
Sono tornata a Cork (dove all'epoca avevo assistito a un indimenticabile concerto degli U2) in un viaggio-stampa organizzato in occasione dell'inaugurazione di nuove rotte aeree dell'Air Lingus, nella primavera del 2005. Mentre Cork si stava organizzando per diventare "Capitale della cultura", i responsabili del turismo ci spiegavano cosa attirasse i turisti in Irlanda; i ristoratori invece non avevano bisogno di parole: gli bastava farci assaggiare le loro specialità in copiose porzioni. Solo allora capii che viaggiare low budget dà un'idea veramente sbagliata del panorama gastronomico di un paese, e infatti non avrei mai sospettato che in Irlanda si mangiasse così bene.

CORK

Il nostro tour prevede un fitto itinerario nelle contee di Cork e Kerry, tra verdi paesaggi e laghi dai colori volubili come il cielo, che passa in un batter d'occhio dal grigio compatto all'azzurro ceramica, a seconda dei rapidi viaggi delle nuvole. Cielo da cui ci si può aspettare di tutto: dalla cosiddetta Irish mist — paragonabile ad una seduta sotto un enorme vaporizzatore — alla fresca brezza di mare, al sole obiettivamente caldo perché, in fondo in fondo, siamo a fine maggio. E fin qui ci siamo, lo aveva sottolineato a sufficienza la Mannoia.
L'equipaggio è della dimensione giusta per essere comodamente contenuto in un van, equamente ed omogeneamente dotato della follia necessaria a rovesciare ironicamente lo spettacolo che ogni viaggio rappresenta, e dell'acume per osservarne i dettagli e non lasciarli scappare via senza averli analizzati almeno un attimo. Inoltre il composito bagaglio socio-culturale di ognuno risulta particolarmente utile a cogliere, ad esempio, le infinite similitudini tra il parco nazionale di Killarney e il parco nazionale d'Abruzzo, tra la musica tradizionale irlandese e la taranta pizzicata, tra le cascate irlandesi e quelle nepalesi, tra la mucca irlandese e quella bretone, tra la pecora del Kerry e le altre varietà di pecore che incuranti brucano a tutte le latitudini, dalla Mancha alla Maiella.

Il suddetto equipaggio, appena messo il piede sulla scaletta dell'aereo atterrato a Cork, non se l'aspettava di essere accolto da un clima così inospitale, ma si è adattato. L'albergo prenotato si trova in South mall, nel centro finanziario della città. L'ora di cena è scaduta da un pezzo e dunque il gruppo si tripartisce: il duo più godereccio degusta beandosene una saporita stout al pub; il più stanco va a nanna e ci pensa l'indomani; il più giovane beve soft drink in un locale notturno e deride gli irlandesi ubriachi.
In mattinata l'ottima Jill ci guida a piedi per la città, rielaborata per l'appuntamento con la cultura, di cui è capitale europea nel 2005: in pratica lavori in corso ad ogni angolo di strada, ma niente in confronto a ciò che accadeva nel 2004. Il centro è situato su un'isola, circondato dai due canali del fiume Lee. A nord del fiume sorge Shandon, la parte storica della città, con il vecchio mercato, la fabbrica del burro e il campanile della cattedrale sovrastato da un salmone d'oro. A sud invece ci sono la cattedrale protestante, il museo cittadino, il carcere ottocentesco e le fabbriche di birra. L'English market trabocca di pesci enormi, carni e verdura: si può pagare persino con la carta di credito e — impensabile — nessuno urla. La città è "disabled friendly": semafori sonorizzati, passaggi segnalati per ciechi, semafori con il countdown, barriere architettoniche abolite.
La responsabile del marketing turistico della regione ci ragguaglia in merito ai visitatori della regione: al primo posto ci sono gli americani, attirati dall'interesse per la genealogia e per il whisky (anche se le presenze sono in calo a causa del dollaro in ribasso). Seguono poi i turisti che provengono da Gran Bretagna, Francia, Germania e Italia: per loro festival musicali, cibo genuino, festival, mercati e possibilità di acquistare direttamente nelle farm. In occasione del pranzo "leggero" al ristorante della Crawford art gallery, accanto all'Opera house, mi ingozzo di vari tipi di pane condito e burro grasso e saporitissimo al punto che ho difficoltà a mangiare il pur delizioso salmone.

KERRY

Sulla strada verso Kenmare siamo graditi ospiti del Mills Inn, dove ci viene generosamente offerto un ottimo Irish coffee per non arrivare troppo deperiti alla cena. Attraversando il parco nazionale ci comunicano che qui si può adottare una pecora, ma in realtà non è niente di nuovo: in Abruzzo personaggi del calibro di Alfonso Pecoraro Scanio, Piero Pelù e Zucchero hanno già adottato una pecora.
Alla fine — dopo un milione di scatti del photographer, perlopiù rivolti a pecore di ogni foggia — raggiungiamo Kenmare, quest'anno detentrice del prestigioso "Tidy town of the year award", ossia il premio per la città più pulita. Questo la dice lunga sui cessi pubblici della zona, su cui ti puoi sedere senza rischiare malattie, ma anche sul resto: ad esempio sono quasi inesistenti i manifesti pubblicitari 6x3.
Alloggeremo in un magnifico castello delle fiabe circondato da un parco, occupato in minima parte da decine di campi da golf. Il personale meriterebbe un reportage a parte, specialmente l'Elton John biondo che ne è il manager. La mia stanza è grande circa il doppio del monolocale dove attualmente abito, e contiene un gigantesco letto a baldacchino con il materasso alto almeno quanto quattro materassi normali, un salotto completo di divani e tavolino su cui sono posizionati biscotti al cioccolato, bottiglia di vino rosso, lettore cd e prestigiose riviste di fotografia. Il bagno è anch'esso vasto più del doppio del mio attuale bagno e presenta una serie di prodotti per il corpo dalle più delicate fragranze, oltre a pantofole e accappatoio in morbida spugna. Alle 19 in punto mi citofona una cameriera abbigliata come Cappuccetto rosso, con lo stesso identico cestino sotto il braccio di quando va in visita dalla nonna, e mi fa capire che deve entrare per preparare la stanza per la notte. Io mi sposto dalla porta e la osservo svolgere le seguenti mansioni, nell'ordine: piegare lievemente il copriletto in maniera da facilitarmi l'ingresso sotto le coperte al momento del bisogno (quando probabilmente, secondo l'ottica gaelica, sarò troppo ubriaca per farlo da sola), chiudere le massicce triple tende per evitare che da fuori qualche occhio indiscreto possa sbirciare nella mia intimità, accendere tutte le lampade per controllare se le lampadine funzionano e cambiare appunto una delle suddette lampadine che si è inavvertitamente fulminata. Poi sorride, fa un grazioso inchino e se ne va.
A cena si scatena il panico perché io e the photographer ci scambiamo i piatti, attratti dalla pietanza altrui proprio come nel racconto di Calvino, dove il bambino ricco sbava di fronte alla salsiccia con le rape dell'operaio povero il quale, a sua volta, amerebbe cibarsi per una volta del piatto di cervello del bambino ricco. Ma noi siamo adulti e ciononostante abbiamo l'intemperanza di fregarcene del fatto che non si può mangiare il tonno con il coltello da carne e il filetto con il coltello da pesce, già sistemati al lato del nostro piatto dopo l'ordinazione. I camerieri impallidiscono dal terrore che qualcuno in alto si possa accorgere che hanno portato i piatti al commensale sbagliato; noi arrossiamo rendendoci conto dell'errore commesso.
La mattina al Park Hotel bisogna sacrificarsi e provare la spa: il trattamento (150 euro per gli ospiti dell'hotel) consiste in bagno turco, doccia Irish mist, tropical rain e monsoon, piscina riscaldata a 39 gradi all'aperto con vista mozzafiato sul parco, idromassaggio mille bolle e infine massaggio total body dai piedi ai capelli. E insomma ne è passata di acqua sotto i ponti da quando viaggiavo per l'Irlanda in treno, alimentandomi con salumi dei supermercati e pizza Hut.

Per il pranzo ci attendono al pub Molly Darcy's, dove degusto un Irish stew, spezzatino molto abruzzese, perché non c'è la panna e gli abruzzesi odiano la panna. Il manager ci guida nel tour dell'hotel e dei vari ristoranti annessi, tra cui quello dove mangiava George Bernard Shaw. Ci fa ammirare tutti i premi vinti, per cui gli irlandesi sono proprio fissati: per il miglior cibo, per la miglior musica tradizionale, per il miglior pub. Qui puoi pure acquistare il tuo boccale personale a soli 25 euro incluse due bevute gratis e poi te lo porti a casa oppure lo lasci lì appeso insieme agli altri. Infine c'è la gara di assaggio del whisky, l'Irish Whisky Challenge, in collaborazione con Jameson, per cui pare gli americani vadano matti.
La baia di Bantry è parallela a quella di Kenmare, ma si trova più a sud, nella contea di Cork. Bantry House è una villa in decadenza circondata da un meraviglioso parco che abbraccia tutta la baia. L'attuale proprietario è anche addetto allo sbigliettamento (piuttosto scarso sembrerebbe) ed ha un viso perfetto per un film di vampiri. La caratteristica di queste coste del sud ovest — tutti penisole e baie, penisole e baie — è il clima che, grazie alla corrente calda del golfo e alla posizione riparata, rende la vegetazione sub-tropicale: per questo a Glengarriff ci sono le palme e i banani. E poi ci sono negozi che vendono capi in lana, anche lana cotta, proprio come in Nepal, ma costano 15 volte di più.
Killarney è una città elegante e piena di hotel e B&B; è circondata da scenari naturali spettacolari ed è la base ideale per esplorare i dintorni provando le più svariate attività ricreative come bici, spiagge, pesca, visita delle fattorie tradizionali. Il parco nazionale di Killarney, creato nel 1932, ha 3 laghi, 26000 acri di foresta naturale e dal 1981 è riserva della biosfera tutelata dall'UNESCO. Killarney attira turisti di tutto il mondo da centinaia di anni ma fu soltanto la visita reale della regina Vittoria nel 1861 che la fece diventare una vera mecca del turismo. Per ospitare degnamente la regina e il suo entourage infatti il proprietario di Muckross House andò in rovina: la regina aveva sì promesso di recapitargli una lauta ricompensa, ma purtroppo il marito morì di lì a poco e da allora la povera donna non fu più in grado di rispettare gli impegni presi.
Anche a Killarney siamo costretti a trascorrere una massacrante mattina nella beauty farm. Mentre mi massaggiavano i piedi pensavo che gli americani amano farsi coccolare in questi manieri da 400 euro a notte, dove gli preparano il letto e li massaggiano dalla testa ai piedi e giocano a golf e mangiano e bevono bicchieroni di superalcolici pieni di ghiaccio nei lounge tutti in legno lucido, con il pianoforte a coda.
L'ultima cena irlandese ha luogo in città, gomito a gomito con un gruppo di finte hawaiane sovrappeso. A seguire scatta il giro dei pub, dove bevo due stout per non fare brutta figura con i bevitori locali e soprattutto con un gruppetto di ragazze scalmanate, elegantemente agghindate con dei cazzi di paillette rosse in testa, ebbre a festeggiare l'ennesimo addio al nubilato.

LA SVENTURA DEI FUORI PROGRAMMA

Siamo arrivati all'ultimo giorno, quello della partenza, prevista nel primo pomeriggio da Cork. I fuori programma, chiosa the photographer, solitamente sono una sventura. La nostra è l'eccezione che conferma la regola. Siamo arrivati a Cobh sotto un cielo azzurro pieno di nuvole bianche. Il sole illumina il mare da cui partì il Titanic prima della tragedia, rende i colori delle case e delle botteghe più squillanti che mai e fa scintillare la torre della cattedrale che domina il paese.
Abbiamo avuto il tempo di visitare il museo dedicato ai milioni di irlandesi che emigrarono negli Stati Uniti proprio da questo porto, a 25 km da Cork. Da qui partì anche il Lusitania, altra sfortunatissima nave protagonista di una tragedia. La mostra è molto interessante: si rappresenta a livello sonoro il contesto drammatico che doveva accompagnare gli emigranti prima dell'imbarco, ci sono pannelli esplicativi sulla carestia, il virus delle patate, i galeotti condotti in Australia. C'è la ricostruzione di uno spaccato della nave che evidenzia la differenza tra la prima classe che costa mille lire, la seconda che costa cento e la terza dove regnano dolore e spavento, puzza di sudore dal boccaporto e odore di mare morto.
Anche se il paragone sembra sproporzionato, non si può non pensare a un parallelo con l'Abruzzo, altra terra di emigranti. Sicuramente se ne parlerà più diffusamente su «La voce dell'emigrante», pubblicazione militante abruzzese doc.

Tagged under: Europa occidentale,