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I cristiani d'Oriente

La regione di Tur Abdin, la «montagna dei servi di Dio», è abitata da quasi due millenni dai cristiani siriaci o "Suryoye". Qui troviamo più di ottanta monasteri, il più importante dei quali è Dayr Al-Zafaran, per secoli residenza del Patriarca siro-ortodosso prima che fosse trasferito a Damasco.
Per arrivare al cuore del Tur Abdin non è una malvagia idea recarsi a Midyat, a un’oretta di distanza da Mardin. Il minibus ci lascia lungo una strada anonima ma noi sappiamo che nascosto da qualche parte esiste un suggestivo centro storico. Per certi versi sembra di aver fatto un balzo indietro nel passato, e questo non si può negare che dia al visitatore sempre un certo brivido: è come se egli (nella sua semplicità di turista) stesse viaggiando non solo nello spazio ma anche nel tempo. Tra le vie compaiono uomini dediti ad antiche professioni, anziani pastori, donne che vendono capi di lana fatti a mano, bambini impegnati in giochi neorealisti, caprette, mobili abbandonati, forni tandoori.
La terrazza di una delle case antiche color miele si affaccia su un ampio panorama nel quale si notano numerosi campanili. In città ci sono diverse chiese di rito siro-ortodosso, ma non in tutte si celebrano regolarmente le funzioni religiose visto che i cristiani oggi rappresentano meno del 10% della popolazione: “Quattro gatti dimenticati dalle convenzioni internazionali, gente che dalla storia ha preso solo bastonate” li definisce Paolo Rumiz, riferendosi alla profonda intolleranza di cui è stata oggetto la popolazione cristiana in tutta la regione. Durante la Prima guerra mondiale infatti molti cristiani siriaci, l’élite economica del paese, sono stati uccisi nel cosiddetto genocidio assiro (meno noto, ahimè, di quello armeno), mentre alla fine del secolo hanno subito attacchi dei curdi e dei turchi. Molti di loro sono emigrati all'estero, anche se negli ultimi anni alcune famiglie hanno iniziato a tornare a Tur Abdin.
Consumiamo il pranzo in una lokanta dove ci fanno mangiare da re senza avere praticamente nulla di pronto, se non la zuppa: l’agnello lo comprano dal macellaio (anche se avevamo ordinato pollo), il pane dal fornaio, l’insalata dal verduriere. Purtroppo al momento del tè ci informano che Mor Gabriel, il più antico monastero siro-ortodosso ancora attivo (situato sulla strada per Cizre) è chiuso, siamo dunque costretti a ripiegare sul meno noto monastero di Mor Hobil-Mor Gabriel, che si trova alla periferia di Midyat ed è raggiungibile a piedi. Inizialmente sembrerebbe sprangato anche questo cancello, ma poco dopo un ragazzino dotato di una grande chiave ci fa entrare. Ammiriamo le mura arrossate dal tramonto e poi gli arredi della chiesa, tra cui un tappeto murale su cui è raffigurata l'ultima cena e un mihrab trasformato in altare, e intanto il giovanotto ci riferisce compitamente che i siriaci sono solo seicento su 110000 abitanti a Midyat ma in tutta l’area ce ne sono circa seimila. Aggiunge che lui frequenta la scuola di aramaico, ed è inevitabile per me ripensare a quel ragazzino di Maalula, in Siria, che aveva recitato una filastrocca nella lingua di Gesù nei pressi del monastero di Santa Tecla. Prosegue il mio viaggio nella cristianità d’oriente, quello che avevo interrotto ad Antiochia presso la chiesa di San Pietro, e che ancora prima avevo compiuto in Siria fra Aleppo e Mar Musa. Penso a Padre Paolo, andato a trattare con l’ISIS e da quel momento sparito.
Una luna gigantesca sta salendo dietro ai mattoni rossastri e al campanile con la croce. Noi turisti, si sa, siamo gente ingenua, ci inteneriamo facilmente sa pensiamo che stiamo viaggiando nel tempo. Che sembrerebbe di essere tornati a quando l'Europa era pagana e questa parte di mondo era cristiana. E che questo, in pratica, è il più antico cristianesimo del mondo.

Racconto di viaggio "PIDE E TULIPANI. Primavera in Anatolia orientale" 

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