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Appunti dall'Asia emergente

Benché la fissazione per i luoghi rimasti arcaici e arretrati pervada la fantasia dei viaggiatori, in molti Paesi del mondo tante cose sono profondamente mutate negli ultimi vent'anni e bisogna farsene una ragione. Se nel 1995 il Vietnam aveva un tasso di disoccupazione del 25%, oggi è sceso all'1,3%. È vero che in molte fabbriche le condizioni di lavoro sono inaccettabili e gli stipendi medi equivalgono addirittura a meno della metà di quelli cinesi, ma d'altra parte è proprio questo il motivo per cui tante multinazionali hanno spostato qui la produzione. Fatto sta che la percentuale di popolazione che vive sotto la soglia di povertà è scesa all'11% e in media i vietnamiti hanno un cellulare e mezzo a cranio.
Alle 8 di sera ho preso un treno ad Hanoi e ne sono scesa a Huè dopo 14 ore (la maggior parte delle quali trascorse beatamente a dormire in una comoda cuccetta). Rileggendo le descrizioni che Tiziano Terzani riportava dal suo viaggio in un treno vietnamita non ho riconosciuto nulla, e pensare che risalgono a poco più di vent'anni fa e non a un secolo o due. Intanto la stazione di Hanoi non ha affatto un “soffocante odore di latrina”, non ci sono centinaia di passeggeri ad aspettare il treno “bivaccando sulle scalinate, nei corridoi e lungo i binari” e a differenza di Terzani abbiamo trovato facilmente il nostro vagone. Il treno all'epoca era lentissimo, “sporco, povero, primitivo” e privo di acqua nei gabinetti, i finestrini erano muniti di inferriate per difendersi dai banditi, i sedili di legno erano ricoperti da una stuoia di paglia.
Quello che ho preso io invece (prenotato su internet), non è molto diverso dai treni italiani, ha bagni dotati di acqua corrente e un livello di pulizia standard. Ad ogni fermata non mi è sembrato di notare l'assalto delle folle urlanti di donne, bambini, venditori, mendicanti e mutilati (che, anche se dormivo, sicuramente mi avrebbero svegliato), nessuna bigliettaia è arrivata “con un pentolone per distribuire ramaiolate di minestra in untuose ciotole di alluminio” e alla fermata non è giunto nessun ometto con una bacinella d'acqua che funge da lavandino portatile. Fuori dal finestrino non scorrono poveri villaggi e capanne (“miseri tetti di paglia sorretti da quattro pali di bambù”), la gente non è vestita di stracci e i bambini non sono scalzi.
L'unica cosa in comune tra questo treno e quello di cui raccontava Terzani è la canzone patriottica che hanno diffuso in tutti i vagoni verso le 7, seguita dalla comunicazione di servizio proferita dalla “voce melliflua di una donna”.

Racconto di viaggio "MADE IN VIETNAM"

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