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La remota regione di Kédougou

Da Tambacounda, per raggiungere la remota regione di Kédougou, bisogna per forza attraversare il Parco Nazionale Niokolo-Koba, enorme con i suoi 9130 chilometri quadrati. La strada è lunga e non asfaltata, con conseguenti tonnellate di terra che entra nelle vie respiratorie. A causa del bracconaggio, degli incendi e dell'inaridimento precoce, il parco è iscritto nella Lista del Patrimonio Mondiale in Pericolo. Se nella stagione delle piogge il paesaggio appare verde e lussureggiante, adesso è secco e bruciacchiato, gli alberi sono scheletrici, i ciuffi di erbe gialli; ogni tanto compare un tir che va o viene dal Mali (o che è rimasto cappottato in mezzo alla strada chissà da quanto), mentre dal punto di vista faunistico si possono avvistare soltanto le scimmie della specie cercopiteco gialloverde (anche perché il numero dei grandi mammiferi è diminuito considerevolmente, e anzi alcune specie sono quasi del tutto scomparse).
Giunti nei pressi del fiume Gambia effettuiamo una sosta lungo la strada ed è l’occasione per entrare a curiosare nella vita quotidiana di queste popolazioni. Gira voce che si festeggi un matrimonio, per cui ci incamminiamo accompagnati dal solito stuolo di gioiosi bambini fino al centro del villaggio. Mentre nello spiazzo tra le capanne si cucina e si chiacchiera, mi introduco in una camera da letto già stipata di donne che ballano seguendo il ritmo del suonatore di tanica. Inizialmente immagino che si tratti del letto nuziale e che sia usanza inaugurare la nuova coppia con le danze, ma ad un certo punto la donna che si suppone sia la sposa comincia a piangere a dirotto tenendosi la pancia e si butta sul letto in lacrime. Le altre continuano a ballare e si indicano l'addome con espressioni contrite, finché qualcuno non ci spiega come stanno i fatti: non si tratta di un matrimonio bensì di una sorta di rito di fertilità. La donna in questione infatti, già sposata da un po’, non è ancora riuscita a rimanere incinta e questa potrebbe essere una vera tragedia per lei, destinata ad essere ripudiata dalla famiglia e a vivere infelice per sempre.
Attraversando a piedi il ponte sul Gambia ci possiamo rendere conto di come avviene il lavaggio della biancheria per chi non possiede una lavatrice: centinaia di persone a mollo nel fiume che strofinano vigorosamente vestiti e lenzuola colorati sulle rocce che affiorano, e poi li stendono (letteralmente) sul terreno.

In questa regione confinante con il Mali e la Guinea, da alcuni anni sono state scoperte delle risorse aurifere e numerosi piccoli villaggi, fino a quel momento tradizionalmente dediti all’agricoltura e all’allevamento, sono stati completamente stravolti dal punto di vista socio-economico. A Tonboronkoto veniamo accolti da anziani e bambini sotto l'albero centrale, mentre le donne sono tutte sedute all’ombra sull’uscio di una casa in muratura. La miniera si trova ad alcuni minuti di cammino nella savana, che raggiungiamo scortati da innumerevoli bambini che si disputano le nostre insufficienti mani (ne abbiamo infatti soltanto due a testa): la roccia rossa è tutta traforata da buche e cunicoli dai quali i cercatori d’oro (al momento assenti) prelevano il materiale da scavo. La sabbia risultante dalla macinatura delle pietre viene poi mescolata con l’acqua in una bacinella e, con rapidi e sapienti movimenti, l’eventuale oro presente viene trattenuto e il resto lasciato colare fuori, come ci viene mostrato da un esperto cercatore. Per quanto mi risulta, l'estrazione dell'oro di piccola scala è una delle più significative fonti di rilascio di mercurio nell'ambiente nei paesi in via di sviluppo, visto che questo metallo, combinato al limo raccolto, rende più facile il recupero dell’oro. Ma qua nessuno ne fa parola.

La prima notte a Kédougou abbiamo alloggiato presso un grazioso relais dove siamo riusciti a farci una bella nuotata in piscina prima della parca cena al ristorante affacciato sul fiume Gambia. Purtroppo la notte successiva non c’era posto, dunque abbiamo dovuto trasferirci in uno spartano campement di Mako. Al nostro arrivo, in serata, ci sono stati mostrati dei bungalow semplici ma puliti. Quando sono tornata in camera dopo cena ho trovato però una spiacevole sorpresa: il pavimento compreso tra il letto e il bagno era ricoperto da un raccapricciante tappeto di formiche, e in particolare il gabinetto era diventato completamente nero. Sono corsa a chiamare l’addetto, il quale con una velocità quasi comica mi ha aiutato a portare via tutti i miei averi, avendo cura di saltellare alternativamente su un piede e sull'altro per non farsi morsicare, e nel contempo spruzzando in ogni dove l’insetticida. Mi è stato assegnato un altro bungalow identico a quello di prima, anch'esso inizialmente privo di formiche, ma purtroppo, come temevo, una mezz'ora dopo l’invasione si è verificata anche in questa stanza. Sono andata a svegliare l’addetto, il quale ha provato a trovarmi un’altra sistemazione decente illuminando con la torcia stanze semidiroccate con giacigli di fortuna luridi, che io guardavo inorridita. È stato dunque costretto a svegliare la cuoca e sua figlia, chiedendo loro di cedermi il loro letto matrimoniale, dove finalmente (pur sentendomi terribilmente in colpa) sono riuscita a fare qualche ora di sonno.
La mattina dopo ho scoperto che a qualcuno era andata peggio: della presenza delle formiche si era accorto soltanto una volta seduto sul water, nel cuore della buia notte, quando le stesse avevano cominciato a salirgli dappertutto e a morsicarlo.

Racconto di viaggio "CUGINI PER SCHERZO. Macinando chilometri tra Senegal e Gambia" 

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