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In India non ti senti mai solo

Poniamo che tu abbia preso un aereo per Bombay (ribattezzata da alcuni anni Mumbai in un tardivo impeto nazionalista). Intanto, se sei atterrato di giorno hai potuto osservare delle immense baraccopoli, alcune delle quali confinano con la pista di atterraggio. Sono gli slum per cui Bombay è giustamente rinomata, co-protagonisti di un celebre film dal titolo "The millionaire", che però non tutti lì a Bombay hanno apprezzato − non hanno capito infatti perché, invece di matrimoni e balletti, uno in un film debba inserire delle antiestetiche bidonville.
L'aeroporto dista dal centro di Mumbai circa 25 chilometri: se durante la notte con 40 minuti te la cavi, di giorno i tempi possono tranquillamente dilatarsi all'infinito in un serpentone di auto e taxi, tre ruote criminali e biciclette sovraccariche, vecchi autobus londinesi a due piani e pullman indiani a un piano, motorette scoppiettanti e camion lisergici, i quali, indistintamente, pregano gli automobilisti a caratteri cubitali ("HORN PLEASE") di suonare il clacson. Il tassista potrebbe chiederti di fare il “sea link”, ovvero il ponte che collega la zona di Bandra con la parte sud della città, e tu potresti inizialmente pensare che si tratti di un modo per estorcerti un po' di rupie, prima di realizzare che attraversare l'avveniristico ponte richiede il pagamento di un pedaggio − che tra l'altro è il motivo per cui è innaturalmente deserto. Quando in India vedi una cosa moderna e deserta ti viene spontaneo pensare che non sembra India.
Facilmente avrai prenotato un hotel dal nome altisonante come Chateau Windsor Hotel oppure Queen Victoria Resort aspettandoti una struttura signorile, e invece avrai trovato ad accoglierti un fatiscente palazzo a più piani che giace in stato di semi-abbandono. È un'usanza tipica dell'India, voglio dire ai principianti, chiamare tipo Royal Chicken Center un sottoscala dove spennano i polli, oppure Krishna Time House un bugigattolo dove aggiustano gli orologi rotti.
In hotel ci lavora un mucchio di persone, che spuntano da ogni dove come gli Umpa Lumpa. C'è quello che ti dà il benvenuto ("Goomoning ma'm"), quello che ti indica l'ascensore, quello che pigia il tasto del quinto piano, quello che ti accoglie fuori dall'ascensore, quello che ti guida nella reception. Nella reception ce ne sono altri 7: uno scrive i tuoi dati su un librone preistorico, gli altri sono impegnati in loro personalissime faccende. In camera ti accompagnano in tre: uno ti porta la valigia, uno torna con gli asciugamani, uno ti dà la password del wi-fi (che non funziona). Quando esci ce n'è uno che pulisce per terra, uno che ti indica l'ascensore, uno che ti fa entrare, uno che pigia il tasto del piano terra, l'altro che apre la porta quando sei arrivato, uno che ti saluta ("Goodbye ma'm"), l'altro che ti vuole chiamare per forza il taxi. Insomma, in India non ti senti mai solo.
Per raggiungere il famoso Gateway of India, probabilmente non potrai evitare di costeggiare l'immenso parco chiamato Oval Maidan, dove giocano a cricket. Noterai edifici storici come l'High Court e l'Università, ma ciò che ti colpirà di più sarà la vita che pullula in ogni dove: i venditori di giganteschi palloncini a forma di lampadina e quelli di cartoccetti di arachidi, gli addetti alla spremitura della canna da zucchero, gli operai in equilibrio sui ponteggi di legno e corda e quelli che distribuiscono l'acqua potabile, i guardiani dei parcheggi che dormono sul posto di lavoro. In India è impossibile annoiarsi, c'è sempre qualcosa di assurdo, ridicolo, tenero e colorato che attira l'attenzione del principiante.

Racconto di viaggio "INDIA PER PRINCIPIANTI. VIAGGIO IN MAHARASHTRA, KARNATAKA E GOA