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In volo per Manila

Il viaggio nelle Filippine comincia la mattina della vigilia di Natale quando, invece di sfinirmi di aperitivi a Bari vecchia, ero incolonnata al check-in della Cathay Pacific dell'aeroporto di Fiumicino, insieme a centinaia di filippini pimpanti che impugnavano carrelli carichi di valigie, misteriose scatole di cartone e alcuni panettoni e pandori, molti dei quali sarebbero arrivati a destinazione mezzi sfondati. In quel momento pensavo che i filippini immigrati all'estero se la tirassero di più rispetto ai filippini rimasti a casa loro, anche se poi ho scoperto che, poiché il popolo filippino è uno di quelli che se la tira di meno in assoluto a livello mondiale, anche i filippini emigrati non se la tirano poi tantissimo.
Sorvoliamo il mar Adriatico e il mar Nero, ma poco prima del Caspio mi addormento e quando mi sveglio è già buio. Il breve volo da Hong Kong a Manila lo trascorro in quel sonno profondo tipico dell'alta quota da cui mi sveglia la mia vicina che, all'apparire dei primi lembi delle sue isole natie, inizia a piangere dalla commozione. Io vorrei farla sedere al mio posto-finestrino, ma non si può perché è già accesa la cintura di sicurezza luminosa che segnala la fase di atterraggio, così lei mi racconta che quando si è trasferita in Italia ha dovuto abbandonare la sua figlioletta di soli tre mesi con il marito e oggi fa ritorno a casa dopo ben cinque anni di assenza. Entrambi dovrebbero essere là ad accoglierla, come cerca di accertarsi digitando qualcosa sul cellulare − anche se io penso che, secondo le più elementari norme di sicurezza, in volo dovrebbe tenerlo spento.
All'aeroporto internazionale di Manila, esco a fumare una sigaretta nell'aria satura di umidità e mi metto a conversare con un tassista della differenza tra taxi normale e taxi metered (che costa meno perché lo dividi con altri passeggeri). Poi lui mi interrompe delicatamente per informarmi che se non esco dall'aeroporto non potrò in alcun modo incontrare il mio amico e mi spiega che devo uscire seguendo le indicazioni dell'iniziale del cognome.
Le uscite sono due, come in certi corsi universitari: A-L da un lato ed M-Z dall'altro; seguendo ligiamente l'incanalamento contrassegnato dalle lettere M-Z mi rendo conto che in strada esistono presumibili 26 spazi simili a quei box auto presenti al piano interrato degli ipermercati (con i pilastrini di cemento pieni di segni di carrozzerie di auto che hanno sbagliato manovra), dove i passeggeri appena sbarcati si sistemano in attesa di essere riconosciuti dai loro parenti venuti a prenderli. Molti non tornano a casa da molti anni e magari sono invecchiati: infatti ho visto alcuni parenti che si chiedevano se il passeggero posizionato dentro il box con la lettera R fosse davvero la persona che aspettavano.
Dopo essere rimasta alcuni minuti impalata ad osservare questi movimenti, tra sgommate, clacson e continui quanto inutili fischi dei vigili, mi lascio alle spalle questo inusuale mercato dei parenti: a noi tutta questa storia dei cognomi non ci può essere di nessuna utilità, poiché il mio amico è più alto di minimo venti centimetri rispetto a tutti gli altri parenti e inoltre noi non ci vediamo da sole tre settimane e non credo di essere invecchiata tantissimo.
Mentre tutti gli ex-passeggeri insieme ai loro relativi parenti vanno a festeggiare la santa festività a casa propria, noi andiamo a mangiare in un ristorante indiano, che tanto a loro del Natale non interessa un cavolo. Manila City, una delle città più caotiche e congestionate del pianeta, oggi è innaturalmente tranquilla e silenziosa.

Racconto di viaggio "APPUNTI PILIPINI. Esplorazione della Visayas centrale