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Bucarest, una capitale dell'est

Sono arrivata al Palazzo del Parlamento in tempo per l'ultima visita guidata in tutti questi enormi saloni adibiti a sale conferenza pieni di marmo, legno di quercia, cristallo, tessuti e metalli preziosi, tutti materiali provenienti dal Paese e lavorati da artigiani rumeni h24 per 8 anni (inutile dire come stavano incazzati i rumeni nell'apprendere quanto si scialacquava in porfido e seta mentre loro morivano di fame). Ho visto un tappeto così grande che si dice sia stato realizzato direttamente dentro il grande salone, che d'altra parte ha un soffitto di vetro intarsiato dal quale inizialmente Ceauşescu voleva far entrare un elicottero. E ho ammirato un'infinità di altre idee megalomani, comprese due enormi scalinate in marmo da cui dovevano fare l'apparizione i due coniugi separatamente, una sedia tutta d'oro e i ritratti di marito e moglie alti 15 metri ciascuno. Ho appreso che per costruire la cosiddetta casa del popolo il morigerato dittatore aveva fatto abbattere interi quartieri cacciando altrove tutti quelli che ci abitavano e poi si dice che aveva fatto realizzare dei bunker e tunnel sotterranei che starebbero praticamente dentro alla collina su cui questo obbrobrio è stato costruito, ma dal quale in realtà il simpatico e sobrio dittatore non si è mai affacciato, perché pare che non fosse ancora finito quando lui è stato giustiziato.
La guida ci ha riferito che il primo che ha parlato dal balcone ufficiale del palazzo è stato Michael Jackson, ma questa è una bugia perché l'aneddoto di Michael Jackson era ambientato allo stadio ed è quello in cui lui si sbagliò e disse Budapest invece di Bucarest. Non sapremo mai cosa queste guide dicono è vero e cosa è solo per far divertire i turisti annoiati. E comunque, alla fine della visita guidata, dopo più di un'ora di sale conferenze molto kitsch, la guida ci ha detto che avevamo visitato solo il 5% del palazzo.

L'appuntamento era alle 18,30 in Piaţa Unirii, vicino all'orologio. C'erano forse 38 gradi. Era tutto il giorno che camminavo sotto la cappa d'afa di questa capitale dell'est che tutti dicono che non vale la pena. Ero entrata in due chiese ortodosse dove c'era la funzione della domenica mattina e avevo visto molti fazzoletti legati sotto il mento, svariate gonne o vestiti fantasia e diverse pagnottelle, buste piene di frutta e pacchi di farina poggiati sul tavolo, sui quali erano state infilzate delle lunghe candeline gialle.
Avevo visitato il museo del contadino rumeno, dove il biglietto costa l'equivalente di cinque euro, ma se vuoi fotografare devi pagare altri dieci euro. Allora avevo visto − senza fotografarli − strumenti di legno e croci, vestiti e tovaglie, una miriade di icone e uova decorate e addirittura un'intera chiesa di legno ricostruita. E tutto questo era una demo di quanto avrei visto in tutto il Paese nei successivi 20 giorni, tranne il fatto delle foto, perché negli altri posti, anche se c'era scritto che dovevi pagare un tot per fotografare, potevi fotografare lo stesso e nessuno ti diceva niente.
Quindi avevo percorso Calea Victoriei con i negozi chic chiusi fino a Piata Revolutiei e infine avevo raggiunto Piaţa Unirii, vicino alle scenografiche fontane.
Qualche minuto prima delle 18,30 è arrivato Stefan, il ragazzo che ci avrebbe guidato in questo Free walking tour della città. Poco dopo essersi presentato, mi ha raccontato che era appena tornato da Sfântu Gheorghe, sul delta del Danubio, «una località davvero splendida, near the sea, e da preferire alle altre per la minore concentrazione di zanzare, less mosquitos», ha spiegato estatico guardando la sua fidanzata Simona, che ci aveva appena raggiunti. «Purtroppo per arrivare a Tulcea in tempo per il traghetto, domani, devi prendere il treno at 5 o'clock in the morning», ha aggiunto dispiaciuto.
Quindi a tutti noi convenuti da vari Paesi del mondo, Stefan ha mostrato il fiume che Ceauşescu fece interrare, ci ha parlato della fuga del dittatore di fronte al popolo inferocito e della sua esecuzione il 25 dicembre, ci ha raccontato della statua di Traiano che sembra ubriaco e ha in braccio un serpente con la testa di lupa, ci ha fatto ammirare la statua di Vlad Ţepeş (Dracul), che governò solo 6 anni ma fece ammazzare un sacco di cattivi, e poi il monumento che sembra una polpetta o una patata infilzata, e una vecchia chiesetta con affreschi, con pietre prese in tutte le chiese distrutte da Ceauşescu, e il ristorante Carv cu bere e moltissimo altro.
Dopo avergli dato un'offerta per l'ottimo tour, sono tornata in ostello distrutta e disidratata ma con la testa piena di storie e un chiodo fisso: andare a Sfântu George.

Racconto di viaggio "FRUMOASĂ ROMÂNIA?"