home5.jpg

Jaisalmer-New Delhi sola andata

Essendo il mio programma di viaggio abbastanza improvvisato, non avevo acquistato in anticipo il volo interno da Jaisalmer a New Delhi; all’ultimo momento dunque i prezzi erano schizzati alle stelle e l’unica opzione a buon mercato per tornare nella capitale - se non volevo farmi dissanguare da un ennesimo autista - rimaneva il treno. Inoltre, pur essendo il mio terzo viaggio in India, non avevo mai preso un treno indiano ed ero curiosa di fare questa nuova esperienza. Poiché le carrozze dotate di riscaldamento erano tutte prenotate, sono stata costretta ad acquistare un biglietto per la carrozza “no AC”, dotata di ventilatori che nella stagione in questione non erano di alcuna utilità. Come mi è stato consigliato, prima della partenza sono andata a comprare una coperta pesante ma economica e qualcosa da mangiare, anche se poi di occasioni per comprare del cibo ce ne stavano quante ne volevi, anche perché su 19 ore di viaggio circa la metà del tempo il treno sta fermo, specialmente nelle stazioni. Queste cuccette non sono dotate di cuscino ma risultano mediamente comode, la coperta ha una sua indubbia utilità anche perché le porte rimangono spalancate tutto il tempo. La postazione “upper bed” inoltre è strategica perché ti consente di osservare dall’alto tutto ciò che avviene nella carrozza, senza che nessuno ti utilizzi come scalino o peggio ancora si sieda su una parte del tuo letto. Quello che avviene nel treno è comunque che la gente sale e scende, qualcuno gioca a carte, qualcuno si mette subito a dormire, qualcuno mangia, molti scendono appena il treno si ferma e come me alla fine passano più tempo fuori dal treno che dentro.
In ogni caso, non c'è paragone con il terrificante autobus notturno che avevo preso nell’India del Sud. I cosiddetti sleeper seats, in luogo del sonno ristoratore promesso dal nome, consistevano in una sorta di letto a castello "matrimoniale", dotato di materassini plasticosi sottilissimi e privo di cuscino e coperte, da spartire con un occasionale compagno di viaggio (che poteva pure rivelarsi un mastodontico occidentale di cento chili per un metro e novanta di altezza, oppure una mamma con bambino di 3 anni che ne dimostrava 9). Inoltre sin dalle 6 di sera il bus era completamente buio, gli ammortizzatori erano sfondati e così sdraiata nel loculo era impossibile guardare fuori.

In India dopo un po’ ti accorgi che quasi nessuno porta gli occhiali. Non credo che i loro geni siano meno propensi alla miopia o all’astigmatismo e quindi presumo che il fatto di indossarli dipenda da altri fattori. Quello che voglio dire è che se devo chiedere indicazioni preferisco scegliere una persona che porta gli occhiali perché è molto più probabile che conosca l’inglese. Appena arrivata a Delhi, dopo le 19 ore di treno, questa riflessione si è rivelata pertinente in quanto il ragazzo prescelto era uno studente e parlava davvero un ottimo inglese. Peccato che poi l’autista a cui è stato spiegato di portarmi in un bar dotato di wifi e servizi igienici decenti si è perso nel traffico e ho dovuto cavarmela da sola. In realtà l’unica cosa che dovevo fare a Delhi era far passare il tempo prima del volo, tempo che poi è passato un po’ in un bar e un po’ in un centro commerciale, mentre l’intento di farsi fare un massaggio è andato a farsi benedire in quanto, mentre sedevo sul divano del centro massaggi, mi è passato un topo sotto i piedi.
Sono dunque arrivata in aeroporto con molto anticipo. L’assurdità degli aeroporti indiani, oltre alla fissazione per toglierti tutti gli accendini che hai faticosamente nascosto nelle pieghe della valigia, consiste nel fatto che una volta entrato non puoi più uscire. Dunque se arrivi molto prima dell’orario del tuo volo, quando non si è ancora aperto il banco del check-in, sei costretto in una sorta di limbo extraterritoriale, tra l'altro privo di smoking lounge. Inizialmente potresti anche spazientirti, ma poi ti ricordi che in India il tempo è relativo e accetti di buon grado anche questo.

Racconto di viaggio "UN VIAGGIO DA LECCARSI I BAFFI. Un altro Capodanno in India"