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Kosovo: la valle di Rugova

Per raggiungere Peja bisognerà cambiare un po' di mezzi. Il primo van ci porta da Valbona a Bajram Curri e parte alle sette di mattina. A Bajram Curri siamo subito presi su da un altro furgon, che deve prima ovviamente sbrigare alcuni servizi di carico e scarico gente e mercanzia in città e poi può partire alla volta del confine. Alla dogana le procedure sono molto sbrigative, visto che siamo soltanto in tre: oltre me e Uwe, c'è soltanto un vecchio dalla faccia di pergamena e il cappello tradizionale di lana cotta bianca poggiato sulle orecchie piegate.
L'Albania è finita, entriamo in un nuovo territorio, fatto di palazzi ricostruiti dopo la guerra (la maggior parte non ancora finiti, col mattone vivo senza intonaco), bar affollati, hotel pieni, aria di vacanza, cartelli stradali in serbo, albanese e inglese. A Gjakova, sceso il vecchio con il cappello a forma di uovo, il conducente deve prima trovare una sistemazione conveniente a Uwe e poi accompagna me alla stazione degli autobus.
Il mezzo per Peja non è né un furgon né un grosso pullman scassato stile albanese, ma è nuovo di zecca e ha l'aspetto molto più europeo: i passeggeri sono silenziosi, si ascolta un programma radiofonico kosovaro e alle pareti sono affissi manifesti pubblicitari di corsi di formazione o offerte di lavoro in Svizzera. Per le strade, circolano numerose auto di grande cilindrata o SUV targati CH oppure D: sono felice per Uwe che si prenderà la rivincita dal punto di vista linguistico.
Uno dei pochi passeggeri che parla italiano si siede vicino a me e mi racconta della sua vita di ex-emigrato in Italia, quindi si offre di aiutarmi a raggiungere le famose montagne di Rugova, l'ultima meta scritta sul foglietto (anche se io temo che il suo piano prevedesse l'accordo col tassista per farmi pagare la corsa il doppio del dovuto). In ogni caso, il tassista mi conduce attraverso una spettacolare gola dalle pareti di roccia: la strada si inerpica tra tornanti e strettoie, entra in gallerie naturali e costeggia il fiume Lumbardhi, che scorre più in basso. Alla fine mi lascia in questo camp, praticamente identico agli hotel di Valbona, dove a pranzo le famiglie accorrono per mangiare le trote allevate nei vasconi sotto alle palafitte.
Dopo Theth e Valbona ho raggiunto la terza e ultima destinazione attraverso le Alpi albanesi: la Valle di Rugova, una delle mete turistiche più note del Paese fin dai tempi della Jugoslavia. Durante il Medioevo, da questa strada passava la via carovaniera che collegava Peja con Ragusa, sulla costa dalmata. In tempi più recenti invece, nelle foreste di Rugova si nascondevano i guerriglieri armati dell'esercito di liberazione kosovaro, mentre i contrabbandieri l'attraversavano per entrare e uscire indisturbatamente dal Montenegro. Qui è possibile effettuare attività come sci, trekking, mountain bike, arrampicata, rafting, ma anche assaporare i prodotti della terra o semplicemente godersi la natura in pieno relax.
Al progetto “Peaks of the Balkans”, trekking transfrontaliero tra Kosovo, Albania e Montenegro, è stato recentemente assegnato il Tourism for Tomorrow - Destination Stewardship Award, un riconoscimento internazionale in materia di turismo sostenibile. L'Associazione Trentino con i Balcani ha messo a disposizione le proprie competenze sia per la realizzazione dei sentieri di trekking (come si deduce dai familiari cartelli di legno incisi) sia per la creazione della rete di accoglienza, nell'ambito di un progetto di cooperazione coordinato dalla Regione Toscana e finanziato dal Ministero degli Affari Esteri italiano.
La strada che attraversa la valle oggi è asfaltata per una ventina di chilometri circa, ci sono diverse guest house, ristoranti e alcuni edifici in costruzione e tutto sembra idilliaco (fino a che non inciampi in una montagna di spazzatura puzzolente mentre raccogli i mirtilli). Tra le attrazioni si segnalano cascate e laghi, grotte e picchi alti più di 2000 metri, inoltre nell'area sono sparsi tredici piccoli villaggi: a Boge, l'ultimo alla fine della valle, la gola si allarga in pascoli, boschi e valli secondarie; ci sono gli impianti di risalita e le baite in stile valdostano, mentre l'Austria ha fornito i capitali per costruire questo albergo a svariate stelle.
Purtroppo, anche se la valle di Rugova dista pochissimi chilometri dal Montenegro, non sono riuscita a portare a termine il mio personalissimo progetto transfrontaliero dei “Picchi dei Balcani” per due ragioni: 1) dopo le escursioni nelle Alpi albanesi le gambe erano inutilizzabili (non a caso vengono definite "montagne maledette"); 2) la famiglia kosovara, automunita, con cui ho trascorso questi pochi giorni non ne voleva proprio sapere di attraversare il confine, perché al di là della frontiera vivono i serbi che hanno abbandonato il Kosovo. Alla faccia del Tourism for Tomorrow e del Balkans Peace Park.

Racconto di viaggio "IL PAESE DI FRONTE E QUELLO CHE NON C'ERA"