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La sfida continua della democrazia
Philadelphia
Nel 2025 i turisti internazionali hanno superato il miliardo e quattrocento milioni all'anno, un numero in crescita alimentato soprattutto dall'ascesa della classe media in Cina e in India. L'unica destinazione dove è in calo, a quanto pare, è rappresentata dagli Stati Uniti.
Secondo i mass media, negli ultimi mesi diversi cittadini europei sono stati respinti alla frontiera statunitense o addirittura rinchiusi in centri di permanenza. Lo scorso marzo sul "Corriere della Sera" hanno scritto che "i tedeschi finiti in cella sono diventati così tanti che il ministero degli Esteri della Germania ha dovuto modificare le raccomandazioni di viaggio per gli Stati Uniti."
Mentre siamo in fila al controllo passaporti del JFK di New York, un video ci invita a prendere la cittadinanza americana, elencandocene i numerosi vantaggi. La app Mobile Passport Control, consigliata per accelerare le operazioni, non funziona. La fila dura circa due ore senza nessun incidente.
Dal Port Authority Bus Terminal prendiamo il nostro primo Greyhound: la temperatura dell'aria condizionata è ancora più glaciale di quanto ci aspettassimo.
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Philadelphia è la città più grande della Pennsylvania (non la capitale, che è la sconosciuta Harrisburg). Tra le tredici colonie originarie, la Pennsylvania ebbe un ruolo fondamentale grazie al quale si è guadagnata il soprannome di "Keystone State". A Philadelphia si sono svolti eventi cruciali come la firma prima della Dichiarazione di Indipendenza e poi della Costituzione; inoltre è stata la capitale provvisoria degli Stati Uniti fino al 1800. All'interno del Liberty Bell Center è esposta la campana della libertà (celebre per la sua crepa), che fu fatta suonare il fatidico 4 luglio del 1776.
Nel Museo della rivoluzione americana ci concentriamo sull'avvincente storia dell'indipendenza, un processo che ebbe luogo tra il 1765 e il 1783, ma che secondo i curatori è in un certo senso ancora in corso. Per venire incontro alle capacità mentali del pubblico, i pannelli informativi dei musei statunitensi hanno le seguenti caratteristiche testuali: frasi brevissime e scarne, lessico quotidiano e ripetizione degli stessi concetti fino alla nausea. Prima di tutto, ci informano, oggi tendiamo a pensare all'America come a un luogo in cui l'uguaglianza è sempre stata molto apprezzata (ma quando mai?), però a metà del 1700 la maggior parte delle persone in Gran Bretagna e nelle colonie americane dava per scontato che la disuguaglianza fosse naturale: è stata la Rivoluzione a mettere in discussione questa mentalità.
Affrontati nei minimi dettagli i temi delle proteste contro gli inglesi e della guerra d'indipendenza (il cui pezzo forte è la tenda da guerra di George Washington), si giunge al cuore della faccenda: la “visionaria Costituzione federale”. Sin dall'inizio si dovette trovare un compromesso tra le opposte visioni: ad esempio i rivoluzionari – pure se era contraria alla Dichiarazione di indipendenza – non abolirono la pratica della schiavitù, che anzi si espanse e si fece più dura negli anni successivi. Per quanto riguarda il suffragio, venne addirittura limitato, infatti fu una legge statale del 1807 a togliere il diritto di voto alle donne, alle persone di colore e agli immigrati. Ma si sa, continuano, la democrazia è una sfida continua, infatti le generazioni successive hanno lottato per recuperare il diritto di voto perduto e per migliorare il sistema di governo. Il percorso si conclude con queste parole scritte da Thomas Jefferson nel 1826: "Che la Dichiarazione d'Indipendenza sia per il mondo ciò che credo sarà... Il segnale che spinge gli uomini... ad accettare le benedizioni e la sicurezza dell'autogoverno... tutti gli occhi siano aperti... sui diritti dell'uomo."
Il principale autore della dichiarazione d'indipendenza, nonché terzo presidente degli Stati Uniti e intellettuale di grande spessore, sosteneva l'egualitarismo di tutti gli esseri umani (pure se possedeva circa seicento schiavi nella sua tenuta) ed era fautore di uno Stato laico e liberale. Fu lui a coniare il concetto del "muro di separazione tra Chiesa e Stato", per descrivere l'idea che il governo federale non dovesse interferire negli affari delle istituzioni religiose. E io mi chiedo cosa penserebbe oggi Jefferson di un Presidente che, presentandosi come leader dell'America cristiana, si è alleato con la destra religiosa fondamentalista contraria all'aborto e ai diritti delle donne. E dall'altra parte, come fanno questi evangelici tradizionalisti ad accettare come POTUS un imprenditore fallito, star dei reality, analfabeta biblico, adultero seriale e stupratore (cit.)?
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A marzo la Segretaria della Sicurezza Interna degli Stati Uniti, Kristi Noem, si è messa in posa con uno sbarazzino cappello da baseball davanti alla cella di una mega prigione di Tecoluca, a El Salvador. I prigionieri erano stati costretti a stare in piedi, in fila, in silenzio e a torso nudo in modo da mostrare i tatuaggi. Noem ha avvertito: questa è una delle conseguenze che dovrà affrontare qualunque immigrato se commette un crimine. Due settimane prima, 250 venezuelani erano stati deportati e trasferiti a El Salvador. Un giudice federale ha dichiarato illegali le deportazioni e una corte d’appello federale gli ha dato ragione.
Nella seconda puntata della ventisettesima stagione di "South Park", andata in onda il 6 agosto, Kristi Noem spara ad innocui cagnolini e fa un uso di botox così sproporzionato che ogni tanto la faccia le cade e cammina sola sola sul pavimento. Noem ha commentato che gli autori della nota serie d'animazione sono sessisti.
L'Eastern State Penitentiary di Philadelphia fu progettato secondo una pianta radiale supportata da sistemi idraulici, di riscaldamento e di ventilazione all'avanguardia. Il carcere, operativo dal 1829 al 1970, era la struttura pubblica più grande e costosa mai costruita negli Stati Uniti e ospitò criminali noti come Al Capone. In seguito è stato trasformato in un museo.
Il penitenziario era basato sul rivoluzionario concetto della detenzione separata ed enfatizzava i principi di riabilitazione piuttosto che quelli punitivi; ad esempio aveva un personale medico altamente specializzato e in grado di fornire cure mediche adeguate. Grazie a questo suo approccio diventò rapidamente un modello per oltre 300 prigioni in tutto il mondo. Se gli Stati Uniti da allora hanno abbandonato questo orientamento, esso resta prioritario nei sistemi di giustizia adottati in stati come la Germania, la Danimarca e la Norvegia.
Nei 40 anni successivi alla chiusura dell'Eastern State molte cose sono cambiate negli Stati Uniti. La spesa carceraria e il numero di carcerati sono aumentati notevolmente, grazie a nuove leggi (come il "tre colpi e sei fuori") e pene detentive più lunghe. Il numero di detenuti per reati di droga è come minimo decuplicato. Anche l'equilibrio tra età e genere si è modificato, infatti il numero di over 55 nelle carceri statunitensi è triplicato dal 2000, mentre le donne rappresentano il segmento in più rapida crescita (nel 1970 erano 14.000, oggi 215.000). Le donne oltretutto vivono in un sistema carcerario in gran parte progettato per gli uomini, sebbene spesso necessitino di assistenza sanitaria e strutture specializzate (una donna su 25 nelle carceri statali è incinta al momento del ricovero).
Per quanto riguarda il mai risolto problema razziale, gli afroamericani e gli ispanici rappresentano percentuali molto più elevate rispetto alla popolazione generale: bianchi e neri consumano droghe nello stessa percentuale, ma i neri hanno molte più probabilità di essere incarcerati. Senza contare che circa 4,7 milioni di americani non possono votare a causa di una condanna per reati gravi, poiché in diversi stati agli ex detenuti viene negato questo diritto, a volte anche decenni dopo la scadenza della pena. A causa del drastico aumento del numero di condanne per reati gravi tra gli afroamericani a partire dagli anni '80, i divieti di voto a vita hanno un impatto enorme sull'elettorato nero (solo nel Kentucky, il 26% dei residenti afroamericani ne è escluso).
Chi esce dal carcere, poi, scoprirà che le sue difficoltà non sono finite: uomini e donne con precedenti penali hanno difficoltà a trovare lavoro, ad affittare una casa, a ricevere finanziamenti per le tasse universitarie, buoni pasto, assistenza sociale, alloggi pubblici.
Tutte queste informazioni ci sono state fornite tramite pannelli, fotocopie e audioguide con la voce dell'attore Steve Buscemi.
Nello scorso decennio, con il calo della criminalità, la popolazione carceraria statunitense è scesa di almeno un quarto, e ci si aspetta che continui a diminuire nei prossimi dieci anni, ma i dati forniti dal museo risalgono a qualche anno fa e non tengono per niente conto del cambiamento che è in corso.
Particolarmente evidente è stata la trasformazione del sistema penale minorile. Nel museo delle prigioni si parla delle politiche di "tolleranza zero" adottate in molti distretti scolastici, che i critici hanno definito "il percorso dalla scuola alla prigione", facendo notare che gli studenti neri hanno molte più probabilità di essere sospesi ed espulsi rispetto ai loro coetanei bianchi, con conseguenze quali l'abuso di sostanze, l'abbandono scolastico e i problemi giudiziari. Bene, negli ultimi anni molte giurisdizioni hanno scelto programmi che puntavano alla prevenzione e al reinserimento invece che alla sola punizione, tanto che dal 2000 al 2020 il numero di giovani incarcerati è crollato del 77 per cento. Studi economici e sociologici hanno confermato che questi interventi non solo aiutano i giovani ma riducono anche i tassi di criminalità: a New York, ad esempio, dopo la chiusura di 26 strutture minorili, la criminalità giovanile è calata dell’86 per cento.
La tendenza sembra consolidata, ma è ostacolata da diversi fattori: il potere dei sindacati che rappresentano chi lavora nelle prigioni statali e federali, l’influenza delle aziende che gestiscono le strutture private e infine, last but not least, l'approccio securitario dell'amministrazione Trump.
A luglio nella regione paludosa delle Everglades, in Florida, le autorità statali hanno costruito in soli otto giorni la prigione per immigrati irregolari ribattezzata orgogliosamente "Alligator Alcatraz". Il presidente ha ironizzato sul fatto che chi cercherà di evadere dovrà imparare a correre a zig zag per scappare dagli alligatori; poi ha affermato che presto ospiterà “alcuni dei migranti più minacciosi, alcune delle persone più feroci del pianeta”. In realtà i dati mostrano esattamente il contrario: nelle strutture del famigerato Ice (l’Immigration and customs enforcement) tra i circa 56mila detenuti la quota di persone senza precedenti penali è in netto aumento. A fine agosto un giudice federale ha ordinato lo smantellamento del carcere; poco dopo un tribunale federale d’appello ha sospeso l’ordine di chiusura.
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I 72 gradini di pietra di fronte all'entrata del Philadelphia Museum of Art hanno preso il nome di "scalinata di Rocky" dopo essere apparsi nella serie di film dedicati al noto pugile. I turisti si fanno fotografare, mostrando i pugni, accanto alla statua in bronzo di Rocky Balboa posizionata ai piedi delle scale e a volte imitano l'iconica scena in cui il protagonista (uomo comune che vince una sfida che sembrava impossibile) risale i gradini correndo.
Per raggiungere la camera dell'ostello che abbiamo prenotato nella old city di Philadelphia ci sono delle rampe di scale dove risuona h24 la motivante canzone "Gonna Fly Now", colonna sonora del film (alle pareti sono appese le locandine dei film della saga). Per fortuna il terzo piano in America corrisponde al nostro secondo.
Ha scritto il filosofo sloveno Slavoj Žižek che "gli americani iniziano a contare da 1, mentre gli europei sanno che l’1 è già una rappresentazione dello 0. Oppure, per dirla in termini storici: gli europei sono consapevoli che, prima ancora di iniziare a contare, deve esserci un suolo, una base tradizionale che è sempre già data e, in quanto tale, non può essere contata. Gli Stati Uniti, terra priva di una vera tradizione premoderna, non hanno questo «suolo»: lì le cose cominciano direttamente con la libertà autolegiferata, il passato viene cancellato (o proiettato sull’Europa)."
Nel negozio della Verizon mi comunicano che nel mio smartphone Samsung le SIM statunitensi non funzionano; per fortuna c'è una promozione grazie alla quale chi come me acquista una SIM con giga illimitati riceve un cellulare in omaggio. L'impiegata del negozio di telefonia ogni tanto sbircia fuori dalla vetrina per verificare se anche oggi ci sarà una manifestazione anti-Trump. Mentre passeggiamo vicino al Municipio assistiamo prima a un arresto e poi a un incidente stradale. A causa dello sciopero dei netturbini i marciapiedi sono pieni di sacchi della spazzatura.
Nonostante le apparenze, "Philly" è una delle città più belle degli Stati Uniti, dotata di diversi luoghi instagrammabili: i numerosi murales, Elfreth's Alley (la strada residenziale utilizzata da più tempo ininterrottamente in America), l'esclusiva zona residenziale di Society Hill con case del '700 e inizio '800, il mercato italiano sulla Nona strada, il mercato coperto di Reading con innumerevoli bancarelle di cibo, il quartiere di Chinatown dove è in corso la festa delle lanterne. Infine c'è il ponte Benjamin Franklin sul fiume Delaware: se lo avessi attraversato sarei entrata nel New Jersey, ma avevo un altro Stato in programma.