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Siem Reap e i Khmer rossi
Con l’ascesa al potere dei Khmer rossi, anche Siem Reap entrò nel mondo distopico polpottista, ricordato oggi presso il Wat Thmey Pagoda, un altro monastero trasformato in prigione, dove morirono circa ottomila persone. In realtà da queste parti la guerra tra i partigiani comunisti e i governativi era in corso già dal giugno 1970 e mise per lungo tempo a rischio i tesori di Angkor, senza contare il brusco stop al turismo che già negli anni Sessanta era abbastanza diffuso. I teschi e le ossa ritrovati dopo il regime nelle campagne e dentro ai pozzi oggi sono esposti nelle abituali teche di vetro di questo memoriale, mentre una collezione di dipinti naif racconta la storia di Sum Rithy, che fu portato qui quando aveva 21 anni e, nonostante le indicibili torture che subì, riuscì a sopravvivere perché era un abile meccanico di motori. Prima del covid Sum Rithy trascorreva gran parte del suo tempo di stanza in questo luogo, vendendo il suo libro "Sopravvivere al genocidio nella terra di Angkor". Adesso si è trasferito a Phnom Penh e presiede l'ingresso del Choeung Ek Genocidal Center, dove ho avuto modo di incontrarlo e di comprare il suo libro.
Dopo quasi due settimane di viaggio in Cambogia, l'impressione è che il governo cambogiano incoraggi turisti e scolaresche a visitare i monumenti alla memoria, ma non mancano i segnali contrari, infatti l’élite del paese ha ventilato più volte l’ipotesi di chiudere il Museo del genocidio di Phnom Penh e di occultare le fosse comuni riesumate. Ma soprattutto, la stragrande maggioranza dei carnefici è rimasta impunita, come ricordano alcuni pannelli del Wat Thmey Pagoda. Negli anni Duemila fu istituito un tribunale speciale in collaborazione con l’Onu e nel 2018 furono condannati all’ergastolo alcuni dei principali responsabili dello sterminio come Nuon Chea ("Fratello Numero 2"), Khieu Samphan (il capo di Stato della Kampuchea Democratica) e "Duch" (l'ex-direttore del centro di detenzione S-21), mentre Ieng Sary ("Fratello Numero 3") era morto in prigione prima che il procedimento si concludesse. Hun Sen ebbe a dichiarare che non avrebbe permesso ulteriori processi, sostenendo che avrebbero causato instabilità.
Per quanto riguarda invece il "Fratello Numero 1" Saloth Sar, alias Pol Pot (il dittatore meno interessato al culto della personalità del mondo), non è mai è stato arrestato o processato. Nel gennaio 1979 emigrò in Thailandia, da dove guidò la guerriglia dei Khmer rossi contro i vietnamiti e i sovietici (con il sostegno pure degli Stati Uniti) e poi formò addirittura un nuovo governo, incredibilmente riconosciuto dalle Nazioni Unite. Nel 1997 ordinò l'uccisione del suo successore nonché ex braccio destro, Son Sen, e poi fu messo ai domiciliari dal nuovo capo militare dei Khmer rossi. Fu trovato morto nel suo letto appena cominciò a circolare la notizia che stava per essere consegnato a un tribunale internazionale, e fu cremato prima che fosse effettuata un'autopsia. La sua tomba si trova tuttora ad Anlong Veng, l'ultima sua base, vicino al confine thailandese.
Racconto di viaggio completo "IN VIAGGIO A RIMORCHIO. Cambogia in solitaria"