Canto notturno di una turista errante
Nei sempiterni calli dell'Uzbekistan e del Kirghizistan
Viaggio nel Turkestan, il cuore continentale dell’Asia, ancora in assestamento dopo quasi trent’anni di indipendenza dall’Unione Sovietica.
Per l’Uzbekistan è un periodo di cambiamenti, in cui uno dei regimi più autoritari del pianeta sembra che stia lentamente compiendo passi avanti verso un timidissimo riconoscimento dei diritti umani e la fine dell’isolamento internazionale. Dalle lande desolate dell’antica Corasmia alla fruttifera valle di Fergana, passando per le gemme della mitica via della seta, ha apparecchiato per le comitive di anziani turisti tavole imbandite con coreografici piatti di uva e albicocche, spettacolari madrase decorate e minareti ricoperti maioliche turchesi, chilometri di tessuti ricamati e seta, più o meno di pregio.
Il Kirghizistan invece, terra di pastori nomadi e cavalli selvaggi, non aveva nessun monumento storico da dare in pasto ai restauratori sovietici e ancora oggi presenta al visitatore una facciata antropizzata fatta di orribili palazzi di cemento e vecchi simboli arrugginiti. Ma tanto la sparuta compagine di backpacker di etnia caucasica che lo visita è interessata soltanto al trekking nelle spettacolari montagne, alle passeggiate a cavallo e all’ospitalità nelle yurte estive; della bruttezza del paese, della rozzezza del popolo e dei monotoni pasti se ne sbatte.
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