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CHE CADORE!

…Scrissi da una parte Pelmo, dall'altra Peralba e dissi: Usque huc et non amplius! (fin qui e non più ampio).
(Antonio Ronzon)
Pieve che allegra siede tra’ colli arridenti e del Piave/ode basso lo strepito,/Auronzo bella al piano stendentesi lunga tra l’acque/Sotto la fosca Ajàrnola,/e Lorenzago aprica tra i campi declivi che d’alto/la valle in mezzo domina,/e di borgate sparso nascose tra i pini e gli abeti/tutto il verde Comelico.
(Giosuè Carducci, "Cadore")

Auronzo

Un'antica leggenda narra che, per stabilire esattamente il confine territoriale tra i comuni di Dobbiaco e Auronzo, due donne partirono al canto del gallo, ciascuna dalla propria città. Quella di Auronzo, punzecchiando il pennuto con un ferro da calza, lo costrinse ad anticipare il canto e così fece più strada della donna di Dobbiaco: ecco perché il confine fu posizionato così a nord.
In ricordo dello strategemma dell'astuta donna veneta, sul tetto della chiesa della Madonna delle Grazie di Auronzo c'è una croce di ferro battuto sormontata dalla sagoma di un gallo con tre buchi nel ventre.

Tre Cime di Lavaredo (Drei Zinnen)
Proprio qui, tra il Veneto e il Trentino-Alto Adige, svettano questi tre ditoni di pietra rivolti verso la volta celeste, probabilmente le meraviglie naturali di montagna più conosciute al mondo: esse non a caso danno il poco fantasioso nome a centinaia di esercizi commerciali disseminati in tutto il Cadore e nella provincia di Bolzano. Durante la prima guerra mondiale questa zona faceva parte del fronte: dello scontro tra italiani e austriaci rimangono ancora oggi trincee, gallerie e baraccamenti sul massiccio e sul vicino monte Paterno.
Il modo più semplice per ammirare da vicino le Tre Cime consiste nel percorrere in autobus oppure in macchina la strada panoramica a pedaggio (non regalato) che sale da Misurina, parcheggiare nel grande parcheggio del Rifugio Auronzo e da qui intraprendere un classico giro ad anello – che passa anche per il Rifugio Lavaredo e per il Rifugio Locatelli – al termine del quale tornerete esattamente al punto di partenza, non troppo stanchi ma molto felici.

Lago di Misurina
A più di 1700 metri sul livello del mare, nell'omonima frazione di Auronzo di Cadore, si dispiega il famoso lago cantato anche da Baglioni. La leggenda narra la triste storia della graziosa nonché dispettosa principessina e di suo padre, il vecchio Sorapiss, re delle Tofane, dell'Antelao, delle Marmarole e delle Tre Cime di Lavaredo. In cambio dello specchio magico della fata del monte Cristallo, così insistentemente preteso dalla capricciosa bimbetta, l'anziano sovrano accettò di essere trasformato in montagna, per fare ombra all'assolato giardino della fata. Misurina dunque, felicissima per il suo gingillo, stava in braccio a suo padre, senza rendersi conto che il genitore nel frattempo si era trasformato in una montagna alta ben 3205 metri. Fatto sta che guardando di sotto le vennero le vertigini e precipitò nel vuoto. Il roccioso padre «con le lacrime che scesero giù un verde lago formò tra abeti e genziane blu», lago che tra l'altro contiene i frammenti dello specchio magico, artefici dei riflessi multicolori delle sue acque. Non so se per magia o altro, l'aria da queste parti pare sia un toccasana per chi soffre di problemi respiratori e infatti l'edificio giallo che si trova ad una delle due estremità è una casa di cura specializzata in asma infantile.

Monte Piana
Il Monte Piana gode di una posizione invidiabile perché offre uno spettacolare panorama a 360 gradi sulle cime più prestigiose delle Dolomiti, ma è anche un luogo di memoria visto che fu teatro di uno dei più cruenti fronti di combattimento durante la grande guerra. Oggi infatti ospita un museo storico all'aperto, costituito da trincee, gallerie, postazioni militari ed altri reperti riportati alla luce e risistemati grazie all'opera dei volontari. Un servizio jeep-navetta permette di percorrere in circa una dozzina di minuti i 5 km fino al Rifugio Angelo Bosi, dove si trova anche la Cappella degli Eroi dedicata ai Caduti del Monte Piana. Da qui parte il percorso su sentiero che conduce al sito storico.

Cadini di Misurina
I Cadini di Misurina sono un bellissimo piccolo gruppo montuoso caratterizzato da cime aguzze e spettacolari forcelle, tutte percorse da eccellenti sentieri che formano un itinerario unico e grandioso. Si parte dal Lago di Misurina, o meglio ancora dal rifugio Col de Varda, raggiungibile in seggiovia. Fino al Rifugio Città di Carpi (2110 m) c'è un sentiero poco faticoso tranne lo strappo finale per salire alla Forcella Maraia ed ecco che comincia il percorso nei prati che sale e poi scende verso il Cadin de le Pere. Da qui l'idea era affrontare la forcella del Diavolo e tornarcene tranquillamente giù, ma purtroppo abbiamo incontrato un gruppo di Treviso che ci ha messo in testa questa malsana idea di fare il giro delle 5 o 6 forcelle. Ecco perché abbiamo preso la biforcazione di destra e siamo saliti con un ripido sentiero verso la prima delle spettacolari forcelle del sentiero Durissini, la forcella Cristina. Abbiamo proseguito con un continuo saliscendi attraversando la forcella Cadin Deserto (2420 m), la forcella Sabbiosa e dopo un tratto di sentiero leggermente esposto ma assicurato con cavi metallici abbiamo raggiunto la forcella della Torre a 2410 m. Da qui siamo andati avanti con una breve salita verso nord per poi scendere nel Cadin del Nevaio, e da qui al Rifugio Fonda Savio per poi ridiscendere al Lago di Misurina.

Ampezzano

Lago di Sorapis
Per raggiungere il lago di Sorapis dal Passo delle Tre croci non c'è un grosso dislivello, giusto un paio di centinaia di metri, e il sentiero è semplice anche nei brevi tratti in cui è attrezzato con cordino d'acciaio e scale metalliche protette. Questo a patto di prendere il sentiero 215 e di sorbirsi tutte le famigliole con bambini al seguito, e pure un certo Fabione che con la sua imponente stazza crea non poche preoccupazioni non solo ai suoi amici ma anche agli escursionisti che casualmente si trovano a dividere un pezzo di cammino con lui. Siamo dunque giunti agevolmente – ma sbuffando di misantropia – in questo affollatissimo specchio d'acqua di un azzurro quasi chimico. Al ritorno dunque, per una sorta di rivalsa, abbiamo preso il sentiero 213/216 (che era consigliato per l'andata) facendo praticamente l'anello suggerito, ma al contrario. Il quale anello, per quanto bellissimo e panoramico, ci ha fatto salire di circa 400 metri e poi scendere di 600 su un ghiaione da incubo, sottolineato da un rosario di chitemmorti da parte mia che non dimenticherò facilmente.
La storia del Passo delle Tre croci è triste almeno quanto quella di Misurina, però è vera: nel febbraio del 1789 una donna di Auronzo con i suoi due figlioletti partì all’alba per raggiungere l’Ampezzano, ma verso il tramonto all'improvviso si mise a nevicare, quindi perse l’orientamento e in breve tempo tutti e tre morirono assiderati.

Cascate di Fanes
Se si vuole raggiungere la cascata bassa, dal parcheggio di Pian de Loa bisogna entrare nel bosco e proseguire sul sentiero tenendosi il Rio Fanes a sinistra. A un certo punto si comincia a salire verso le pendici del Taburlo fino a giungere all’esposto belvedere. Qui chi se la sente può scendere nella forra con o senza imbraco, mentre i più timorosi per evitarlo devono tornare indietro e percorrere l'altro sentiero, quello che si dispiega a sinistra del rio fino al Ponte Outo. Qui incontreranno il solito facinoroso che si vanterà di essere suggestivamente passato dietro al salto superiore della cascata e saranno presi in giro pesantemente. Se il tempo non minaccia pioggia si può proseguire fino alla cascata “Sbarco de Fanes”, ma non era il nostro caso.

Rifugio Faloria
Il Rifugio Faloria si trova a quota 2123 m ed è raggiungibile dal centro di Cortina d’Ampezzo in soli 10 minuti con l'omonima funivia. L'alternativa è partire a piedi da Rio Gere, mollare il proprio fidanzato un po' prima dell'attacco della ferrata Sci Club 18 e poi bestemmiare per un'ora di ripida salita fino al top. I manifesti sulle pareti del rudere affacciato sulla valle ricordano che qui furono girate delle scene di Cliffhanger, film con Stallone del 1992, ambientato in Colorado ma girato sulle ben più spettacolari Dolomiti.

Oltremonti

Cima Fertazza
La cima si raggiunge facilmente con due comodi impianti da Pescul, non lontano da Selva di Cadore. A parte il rifugio, dove si mangia da dio, la vista è fantastica sul lago di Alleghe, sul monte Civetta e sulle Dolomiti Bellunesi. Per tornare verso l'ampezzano si consiglia la strada che ha inizio da Selva di Cadore e che sale al passo Giau (2236 metri), dove si è circondati da un maestoso panorama costituito dalle cime più alte delle Dolomiti: non a caso è spesso scenario naturale di spot pubblicitari e anche di alcune scene di film (per esempio "Ladyhawke"). Un tempo qui c'era il confine tra la Serenissima Repubblica di Venezia e l'Impero d'Austria.

Comelico

Vallon Popera
La val Popera è un catino dolomitico che prende il nome dal monte omonimo (3046 m) che lo sovrasta a sud. A nord troviamo il gruppo della Croda Rossa di Sesto, a sud-sudovest la cima Undici, mentre il culmine del vallone è costituito dal passo della Sentinella che permette il collegamento con l'Alta Val Fiscalina. Sul margine meridionale del Creston Popera si trova il rifugio Berti (1950 m) da cui si parte per compiere un percorso ad anello: tramite il sentiero 122 si arriva all'ex rifugio Olivo Sala, comando delle truppe di Vallon Popera durante la Prima Guerra Mondiale, e al belvedere; quindi si può raggiungere la croce lignea della Croda Sora i Colesei, punto panoramico sulla Val Comelico, Val Pusteria e Alpi austriache. Questa valle aveva una grande importanza strategica durante la grande guerra, infatti sono ancora presenti sentieri e trincee ed è facile trovare munizioni esplose e residuati bellici; inoltre nei primi anni Ottanta nel ghiacciaio furono rinvenute le spoglie di un alpino, presumibilmente morto durante l'inverno del 1916-17. Rientrando sullo stesso sentiero si raggiunge la forcella e poi, in discesa per il sentiero che passa sotto il Triangolo di Popera, si arriva al bivio a quota 2105 e da qui a un piccolo laghetto. Da qui si rientra al rifugio Berti.

Val Visdende

...dopo quattro giorni trascorsi a Sexten, attraversammo il passo di Kreuzberg, che divide il Tirolo dal distretto italiano del Comelico... Bella è la discesa nel popoloso Comelico. Vi sono stati di recente incendi nei villaggi e quindi le case vennero ricostruite in modo sparso e non confortevole sui crinali delle colline. Come al solito il mutamento della popolazione da tedesca in italiana non appare a prima vista di vantaggio, sebbene quando assaggiate il pane bianco che si cuoce da queste parti dovete riconoscere che gli italiani offrono alcune cose migliori dei loro vicini...
(J. Gilbert e G. C. Churchill, "The Dolomites Mountains", London 1864)

Questa bella valle alpina, collocata tra Santo Stefano di Cadore e Sappada, è ancora selvaggia e poco conosciuta al turismo di massa. Il punto di accesso principale è in località Pra Marino, dove in estate viene collocata la postazione di vendita dei ticket di sosta: per tutelare l'ecosistema della valle le Regole della zona hanno infatti deciso di controllare i flussi turistici facendo pagare un biglietto per il parcheggio. Nel Cadore esistono queste anacronistiche istituzioni di origine medievale chiamate appunto regole, di cui fanno parte le famiglie originarie del luogo che gestiscono direttamente le proprietà fondiarie collettive.
Percorrendo i sentieri della valle si raggiungono le numerose malghe e, con qualche sforzo in più, si arriva al confine con l'Austria, dove sono presenti alcune casermette costruite nel periodo fascista. Nel sottobosco, nei giorni più umidi, spuntano succosi porcini e gialletti che attirano speranzosi fungaioli muniti di cestini. Tutti qui ricordano quel momento epico in cui si trovarono davanti papa Giovanni Paolo II, instancabile trekker che scelse queste zone per le sue sacre passeggiate e che infatti appare sul manifesto con un abile fotomontaggio che lo fa incombere dall'alto, dietro ai monti. 
L'accesso alla valle – tramite una strada stretta e tortuosa – può avvenire anche dal paesino di Costalta, abbarbicato a quota 1300 e baciato dal sole per molte ore al giorno. Parcheggiando presso il rifugio Forcella Zovo a quota 1606 m si può intraprendere l'ascensione al Monte Schiaron (2246 m), piacevole non solo per il panorama ma anche perché più frequentata dai bovini che dagli umani – perfino a Ferragosto. Si segnalano anche qui tracce belliche, mentre dal fondovalle è possibile vedere il versante occidentale del monte Peralba. L'ultimo tratto roccioso fino alla cima è consigliato solo agli esperti, o comunque a persone meno cacazzose della sottoscritta, la quale per lunghi minuti si è abbracciata ad uno sperone di pietra rifiutandosi di scendere.

Sappada

Laghi d'Olbe e monte Lastroni
Per raggiungere questa interessantissima meta si potrebbe partire dal rifugio Sorgenti del Piave, seguire le indicazioni per il passo del Mulo e lasciarsi i Laghi d'Olbe per ultimi, oppure si può partire dalla borgata Muhlbach a Sappada, salendo la strada sterrata e poi la pista di sci fino all'arrivo della seggiovia Sappada 2000 (1852 m). A quel punto, tanto vale salire direttamente con la seggiovia. 
Sulla destra, una stradina vi farà attraversare la pista di sci principale per poi continuare lungo il sentiero 140 che a un certo punto incrocerà con il sentiero 138, proveniente dalla Baita Rododendro. Passata la casera d'Olbe, in poco tempo si arriva alla cappellina che sovrasta il più grande dei laghi, dove placide mucche si abbeverano. Proseguendo lungo una mulattiera tra i pascoli, accompagnati dai fischi delle marmotte e dagli svolazzi dei gracchi alpini, in un'ora di cammino si raggiunge la cima del Monte Lastroni (2449 m). La mulattiera di guerra, nei pressi del filo di cresta, sfiora una galleria e altre postazioni militari; da un finestrone si scorge il solito monte Peralba con il minuscolo rifugio Calvi; infine, proseguendo tramite una serie di gradini scavati nella roccia, si giunge alla croce e alla vista panoramica. Al ritorno si scende verso la conca dei laghi d'Olbe e si può ritornare alla seggiovia dal sentiero 135. A parte qualche goccia di pioggia, non si sono segnalati episodi di panico, dunque via libera.

Sorgenti del Piave
Il fiume Piave, ufficialmente, nasce alle pendici meridionali del Monte Peralba, a quota 2037 m; pochi chilometri dopo gira verso ovest, attraversa Sappada e riceve l'apporto del Piave di Visdende (chiamato anche torrente Cordevole). E qui c'è un mistero perché – secondo gli abitanti della val Visdende – sarebbe quest'ultimo a rappresentare la vera sorgente del fiume, "scippata" dai sappadini per biechi motivi di interesse.
Tra i cadorini e i sappadini, effettivamente, non corre buon sangue, e in effetti qui c'è un vero e proprio spartiacque tra due mondi: Sappada – anzi Plodn, come è chiamata in dialetto – è un'enclave germanofona che gravita più sulla provincia di Udine che su quella di Belluno e si è aggregata al resto della regione solo nel 1800. Anche per questi motivi, nel 2008 ha chiesto con un referendum (vinto con 860 sì e 41 no) di entrare a far parte del Friuli Venezia Giulia. Da allora la situazione si è impantanata per molti anni finché nel dicembre del 2017 è passata a far parte della provincia di Udine, pur rimanendo parte integrante del Cadore.
In realtà la causa principale è – come spesso accade – la situazione economica, che da queste parti non è delle migliori: negli ultimi anni hanno chiuso fior di fabbriche di occhiali ed è una pena vedere tutti questi capannoni vuoti. E insomma, visto che questo piccolo tratto di Veneto è incuneato tra due regioni a Statuto speciale, è comprensibile che nell'attuale sforzo di riconversione al turismo sia molto forte l'invidia nei confronti dei vicini di casa friulani e soprattutto altoatesini, che possono accedere a portafogli ben più forniti.
In ogni caso (indipendentemente da quale sia la vera sorgente), passata Sappada, il fiume sacro alla patria si inoltra nell'orrido di Acquatona e continua la sua corsa fino a Santo Stefano di Cadore, per poi iniziare – col contributo di diversi affluenti – la sua discesa a valle che poi lo porterà a sfociare nell'Adriatico, a est di Venezia.

Monte Peralba
Il monte Peralba (2694 m) si trova tra la provincia di Belluno, quella di Udine e la Carinzia. Il suo nome, che significa "pietra bianca" in dialetto, descrive la roccia calcarea di cui è formato, tipica della Alpi (o, appunto, Dolomiti) Carniche. Per salire al Peralba bisogna prima raggiungere il rifugio Pier Fortunato Calvi (2164 m) e da lì intraprendere il sentiero dedicato a papa Giovanni Paolo II – che io, in ogni caso, non sono riuscita a portare a termine. Dal rifugio partono molti altri sentieri, uno dei quali conduce alla ferrata del monte Chiadenis.

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