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Breviario mediterraneo

Mi portano verso occidente, seguendo le condotte di petrolio che partono dall'Iraq, fino a raggiungere il verde dei pini, degli eucalipti, degli ulivi e del grano. Arriviamo al Mediterraneo, dove tutti ci affacciamo, muretti a secco e tutto. Il Mediterraneo inquinato, da cui arrivarono i popoli del mare, molto prima del petrolio, prima dell'inchiostro e della carta, della poesia, della retorica e della spiritualità in pillole. Mandorle verdi e olive nere a colazione. Anice e fragole, spremute d'arancia e formaggio di capra.
Altri schizzi di papaveri nei prati, e ancora rovine di grigio granito sul cardo di Apamea, cittadina fondata da quel generale che la battezzò col nome della sua consorte persiana (il nome della mamma lo diede invece, molto prudentemente, alla città di Laodicea, o Latakia). Venditori di monete antiche false, greggi di capre, manichini e galline nella selvaggia brughiera verde risaia. I fantasmi di Antonio e Cleopatra, dei crociati di Tancredi e soprattutto dei trentamila cavalli per cui era famosa, fanno capolino nei due chilometri di colonnato restaurato.
Il castello del Salah Ad-Din — feroce sui nostri sussidiari, eroico per il popolo siriano (punti di vista) — si erge a strapiombo, circondato da frutteti e cipressi. Per arrivarci bisogna attraversare in 4x4 un canyon profondissimo creato incredibilmente dai crociati per separare il castello dal resto del roccione; nel corso del lavoro lasciarono in piedi solo una colonna di pietra a forma di obelisco, che c'è ancora adesso e che serviva a mantenere il ponte levatoio. In realtà i crociati compirono inutilmente questo enorme sforzo, poiché furono immediatamente scacciati dall'esercito del Saladino che, con l'ausilio delle catapulte, li colpì su due fronti, e per questo ancora oggi vengono derisi. "I love you" sul cuore di plastica che si illumina di lucine rosse e gialle quando nei pressi del castello l'autista preme il freno. "I love you" su un quaderno: la copertina è l'ultima pagina.
Da Ugarit, il primo porto internazionale, provengono poemi e documenti in un alfabeto nuovo, l'antenato del nostro, e note musicali e una canzone di migliaia di anni fa. Anche qui, nel 1928, fu un contadino munito di zappa che scoprì accidentalmente una sepoltura antica. E per il resto dobbiamo ringraziare gli archeologi francesi. Oggi le rovine visibili sono ridotte ad un informe ammasso di pietre e dunque l'uomo della strada non capisce assolutamente nulla della straordinaria città che (dicono) c'era eoni fa.
Siamo seri. In Siria ci sono una miriade di moschee e di chiese. In Siria, senza retorica, sono passati gli eserciti di ogni provincia guidati da condottieri dai nomi esotici. In Siria può capitare di diventare pedanti e di usare parole come Spiritualità, Culla delle civiltà, Sincretismo. Si può presentare la fugace di illusione di aver compreso, magari davanti alle colonne denudate dalla sabbia.
Sul lungomare di Latakia, dopo un equivoco bagliore, tutte le luci si spengono. Mentre il senso di tutto sfugge, si cerca di inseguirlo con le parole, ci si aggrappa alle parole, ma... la "magica danza della tua vita"? Ho capito bene? L'oud, il violino e la darbouka vanno bene, ma a basso volume. Datemi dolci ripieni di pistacchi e miele, ma non fatemi aspettare tutto questo tempo in un ristorante con le vetrate sul mare senza una birra ghiacciata ("Latakia non vanta particolari attrattive").

Racconto di viaggio "LA MIA SECONDA CASA. Settimana santa in Siria"

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