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Le isole di Stoccolma

Il volo da Bergen atterra a Stoccolma in tarda serata: considerando che gli scandinavi cenano alle sei, per riuscire a trovare del cibo a quest'ora bisogna prima fare un’accurata indagine di mercato. Nel quartiere Norrmalm, dove alloggiamo, il prescelto è un pub accogliente che propone piatti tradizionali abbondanti e gustosi (polpette, cotolette, patate) e chiude la cucina addirittura alle undici. Bisogna sapere che in Svezia dopo le dieci solo i maggiorenni possono frequentare ristoranti e bar, per questo chi resta aperto dopo quell’ora deve pagare un guardiano che presieda la porta controllando le carte d’identità. Scopro inoltre quella prima sera che in tutto il Paese è vietato fumare ai tavoli all’aperto dei locali: la Svezia è molto rigida nei confronti del fumo e infatti dovunque è pieno di cartelli di divieto, ma tanto solo il 5% della popolazione continua ad avere questa nociva abitudine. Tantissimi qui succhiano queste bustine di tabacco contenute dentro scatolette cilindriche: questo prodotto si chiama "snus" e viene venduto principalmente in Svezia e Norvegia, ma non nei paesi appartenenti all'Unione europea perché viene ritenuto cancerogeno.
Per le strade, l'evidente differenza rispetto alla Norvegia è che qua ci sono molti meno mezzi elettrici, Tesla poco e niente, ma molti facinorosi in auto e moto che accelerano apposta per fare casino. Comunque, la notizia più entusiasmante è che la birra costa circa la metà rispetto al suo vicino di casa.

La prima isola su cui mettiamo piede, delle 14 che secondo Wikipedia costituiscono Stoccolma, si chiama Helgeandsholmen: la stavamo solo attraversando per andare a Gamla Stan, quando è apparso un Museo medievale. Essendo ad ingresso gratuito, pensavo fosse una cosa da niente, invece è davvero grande e ben fatto. Intanto, a quanto pare il Medioevo in Svezia inizia nel 1050, quando si cominciò ad adottare il cristianesimo, e termina nel 1527, quando fu fondata la Chiesa di Stato protestante. Le esposizioni ricostruiscono la vita nella città di Stoccolma, che era abitata da alcune migliaia di persone, soprattutto mercanti e artigiani: in città infatti, a differenza delle campagne, le famiglie non erano autosufficienti e avevano bisogno di negozi e artigiani per sopravvivere. All'epoca gli abitanti vivevano in condizioni di sovraffollamento e gli animali erano ovunque (cani, maiali, gatti e topi): i proprietari di casa potevano tenere al massimo una mucca, ma di maiali se ne potevano avere quanti se ne volevano. La posizione di Stoccolma comunque offriva l'opportunità di banchettare con pesce fresco e infatti anche la Chiesa prescriveva giorni di digiuno in cui era consentito mangiare pesce ma non carne. Una ghirlanda o una brocca decoravano la porta delle osterie: alcune di esse servivano solo bevande (birra, idromele e vino), ma l'ubriachezza era punita con multe diverse a seconda di dove si cadeva ubriaco o si vomitava. Infine nel Medioevo c'erano molti bagni termali, luoghi d'incontro popolari per persone di tutte le classi sociali e ciò andò avanti fino al XVIII secolo quando furono vietati.
Su quest'isola sorge anche il Parlamento (Riksdag): attraversando un ponte pedonale si giunge all'isola Stadsholmen dove, al n. 7 di Västerlånggatan, c'è un edificio pubblico di pregio che appartiene appunto al Riksdag, le cui vetrine raccontano la storia della democrazia svedese. "La Svezia è una democrazia" c'è scritto su un pannello "Molti lo danno per scontato, ma la democrazia ha bisogno di essere costantemente salvaguardata. La svolta definitiva per la democrazia avvenne nel 1921, quando si svolsero le nostre prime elezioni a suffragio universale ed eguale." Se il diritto di voto per gli uomini fu introdotto nel 1909, come conseguenza logica dell'introduzione del servizio militare, il diritto di voto per le donne, frutto di molte lotte, entrò in vigore 12 anni dopo (comunque molto prima che in Italia). La Svezia è uno dei paesi più avanzati del mondo in fatto di parità tra i sessi: esiste un Ufficio delle Pari Opportunità che controlla che tutti i datori di lavoro e le scuole promuovano l’eguaglianza tra i sessi e prevengano ogni forma di discriminazione. Le donne costituiscono quasi la metà dei membri del Parlamento e usufruiscono di invidiabili servizi per l’assistenza ai bambini; inoltre entrambi i genitori ricevono lunghi permessi di paternità e di maternità da parte dei datori di lavoro. Per tutti questi motivi mi ha sorpreso leggere che questo Stato si trova al secondo posto mondiale per numero di stupri (dopo il Lesotho).
Poco più avanti c'è il Palazzo Reale, un maestoso edificio in stile barocco famoso per il cambio della guardia che si svolge a mezzogiorno, ma noi siamo stati così tanto nel museo che quando siamo arrivati il tutto era già finito. L'attuale re di Svezia si chiama Carlo XVI Gustavo e governa esattamente da cinquant'anni, infatti a settembre si celebra questo importante traguardo, che cade casualmente in concomitanza con i 500 anni da quando − dopo lo scioglimento dell’Unione di Kalmar con Danimarca e Norvegia − salì sul trono il primo re Vasa: l'incoronazione ebbe luogo il 6 giugno, che oggi è il giorno di festa nazionale svedese. Questa coincidenza è commemorata nella mostra giubilare 'Da Vasa a Bernadotte, 1523 –1973 –2023. La cultura al servizio del regno'.
Ho scoperto in questa occasione che la casata reale della Svezia è l'unica delle dinastie create in età napoleonica ad essere sopravvissuta alla Restaurazione, infatti il suo capostipite era Jean Bernadotte, il famoso generale di Napoleone, che fu adottato dall’ultimo sovrano regnante della casata Holstein-Gottorp, privo di eredi. Non solo Bernadotte era il cognato di Giuseppe Bonaparte, ma sua moglie era stata la prima fidanzata di Napoleone: forse anche per questi motivi l’Imperatore fu sempre molto benevolo con lui, insignendolo del titolo di Maresciallo dell'Impero.
Dopo aver visitato la cattedrale e ammirato la statua di san Giorgio che sconfigge il drago (come Sten Sture mise in fuga i danesi, liberando la città di Stoccolma), ci immergiamo nella Città Vecchia (Gamla stan), affollata di turisti. Il suo centro focale è la piazza Stortorget, la Piazza Grande, circondata da edifici colorati che oggi il cielo nuvoloso rende particolarmente anonimi. Nel museo medievale avevo letto che all'epoca qui c'era la gogna per chi rubava la prima volta (la seconda volta venivi mutilato, la terza direttamente ucciso).
La terza isola della giornata è Södermalm, che raggiungiamo a piedi in un itinerario un po' intricato a causa di vasti lavori in corso. La galleria Fotografiska − oltre ad offrirci la possibilità di un pranzo abbastanza trendy, tanto caro quanto striminzito − in questo periodo espone un centinaio di immagini in bianco e nero di Peter Lindbergh, uno dei fotografi di moda più importanti al mondo. I suoi ritratti degli anni '90 di top model come Naomi Campbell, Cindy Crawford e Kate Moss e attori e artisti come Kate Winslet, Uma Thurman e Mick Jagger sono diventati iconici e hanno influenzato generazioni di fotografi. Ma il merito maggiore del Museo della fotografia è stato farmi conoscere Diana Markosian, autrice del bellissimo progetto "Santa Barbara", in cui l'autrice ricostruisce la storia della sua infanzia. Nel 1996, quando aveva 7 anni e viveva a Mosca con la famiglia, dopo che il padre se ne andò di casa la madre prese lei e suo fratello e li portò negli Stati Uniti: ispirandosi alla soap opera americana degli anni '80 "Santa Barbara", che in quegli anni veniva trasmessa in Russia, la madre aveva infatti pubblicato un annuncio tramite un'agenzia russa, alla ricerca di un uomo che potesse aiutarla ad andare in America. I tre arrivarono proprio a Santa Barbara, in California, e incontrarono lì quest'uomo più anziano che presto sarebbe diventato il nuovo marito della madre. Markosian ha scritto la sceneggiatura in collaborazione con la vera sceneggiatrice di Santa Barbara, ha scelto una serie di attori per interpretare i membri della sua famiglia e ha girato un film che è proiettato nel museo insieme all'esposizione di foto di scena e materiali d'archivio familiari. Così facendo, l'artista riconsidera la storia della sua famiglia dal punto di vista di sua madre, relazionandosi con lei per la prima volta come donna piuttosto che come sua figlia, e facendo i conti con gli enormi sacrifici che ha fatto per diventare americana.
In quello che resta del pomeriggio, attraversiamo la via principale di Södermalm, dove già impazza l'happy hour, e poi raggiungiamo uno dei tanti punti panoramici situati nella parte nordoccidentale, da cui si vede la città vecchia: purtroppo il cielo nuvoloso rende l'esperienza piuttosto deludente. Alla fine, per la cronaca, il temporale che ci aveva risparmiato per tutto il giorno ci sorprende la sera quando verso le dieci e mezza usciamo da un tapas bar.
A differenza della Norvegia, la Svezia fa parte dell'Unione Europea ma non della NATO: proprio nella giornata odierna è giunta la notizia che Erdogan si è deciso a dare il suo benestare all’ingresso nell’Alleanza atlantica, in cambio di alcune concessioni relative alla lotta al terrorismo, all'atteggiamento rispetto ai curdi ospitati nel Paese e al sostegno all'adesione della Turchia all'UE. La Finlandia invece − che, come la Svezia, aveva chiesto di entrare nalla NATO dopo l'invasione dell'Ucraina da parte dei russi − è già entrata nell'Alleanza lo scorso aprile.

Per raggiungere la quarta delle isole di Stoccolma, Djurgården, al mattino attraversiamo a piedi alcuni dei viali principali della città: Sveavägen, Birger Jarlsgatan con i negozi alla moda e Strandvägen, che costeggia il mare e conduce all'isola attraverso un ennesimo ponte. Qui ci sono parchi come il Galärparken, il palazzo e il giardino Rosendal e il museo Vasa, il più visitato della Scandinavia. La nostra meta però è l’incantevole Svezia in miniatura del museo all’aperto Skansen. Fu fondato nel 1891 da un certo Artur Hazelius per preservare lo stile di vita tradizionale in un periodo in cui, a causa dei grandi cambiamenti registrati in tutta Europa, la vita rurale stava rapidamente lasciando il passo a una società industrializzata e urbanizzata. Il nostro, ispirandosi al Norsk Folkemuseum di Oslo, acquistò circa 150 edifici in tutto il paese e li trasportò pezzo per pezzo via mare al museo, dove furono ricostruiti: è stato ricreato così un villaggio tradizionale svedese, dove oggi sono presenti molti personaggi in costume che interpretano gli antichi mestieri e con cui si può dialogare. Inoltre lo Skansen è anche il primo zoo della città, in cui i visitatori ancora oggi possono incontrare tantissimi animali selvatici e domestici: orsi, alci, lupi, renne, foche, pavoni e anche il ghiottone, parente della donnola, e la lince, l’unico felino di grossa taglia presente in Europa.
Molte stazioni della metropolitana (Tunnelbana) di Stoccolma sono abbellite da opere d'arte. Ad esempio nella stazione T-Centralen l'artista finlandese Per Olof Ultvedt ha creato una combinazione tra elementi floreali e le sagome dei lavoratori che costruirono la metropolitana negli anni ’70, scegliendo di utilizzare il blu perché lo considerava rilassante agli occhi degli utenti. La stazione di Solna Centrum è quella che mi è piaciuta di più perchè accoglie i viaggiatori con un paesaggio naturalistico caratterizzato dai colori verde (che rappresenta la foresta) e arancione, come il tramonto dietro le cime degli alberi, su cui sono disegnate scene degli anni Settanta dedicate a problemi come i danni all'ambiente e lo spopolamento delle campagne. La fermata Stadion, una delle prime incavate nella roccia, ha le pareti dipinte con un blu brillante e adornate da un arcobaleno dai colori vivaci. Questo giro a caccia dell'arte sotterranea l'ho compiuto con un unico biglietto della durata di 75 minuti e comunque non ci sono paragoni rispetto alla meravigliosa Metroart di Napoli. Dopo il ristorante spagnolo, oggi propendiamo per uno dei tantissimi vietnamiti.

Quando ci decidiamo ad andare all'imbarcadero, l'ultimo giorno in città, scopriamo che sia l'escursione in battello “Tra i Ponti di Stoccolma” sia l'Arcipelago tour sono fully booked, per cui optiamo per una meno impegnativa escursione all'isola Fjäderholmarna, raggiungibile in barca in soli 20 minuti e utile a fare un assaggio del vastissimo arcipelago per chi non ha il tempo o la voglia di fare di più. Un tempo gli abitanti di Stoccolma venivano qui per comprare brandy a buon mercato, mentre quello che si può fare sull'isola oggi non è un granché: puoi passeggiare, sederti al tavolo di un bar o ristorante, visitare gli atelier e i negozi, imparare come si soffia il vetro (ma io lo avevo già imparato allo Skansen, e purtroppo è una faccenda di una noia mortale) o anche fare una nuotata, se hai il coraggio. La navigazione sulle acque dell’arcipelago è comunque molto piacevole, soprattutto oggi che finalmente è una bellissima giornata di sole.
La nostra sesta e ultima isola si chiama Skeppsholmen e ci mettiamo piede per visitare il Moderna Museet. Quello che mi piace delle capitali è che ci sono grandi musei come questo, dove puoi conoscere o approndire la conoscenza di persone straordinarie: qui ad esempio è presente una mostra su Laurie Anderson, artista e musicista statunitense d'avanguardia, ma soprattutto narratrice di storie. La mostra "Looking into a Mirror Sideways" è un'esperienza interdisciplinare molto coinvolgente, che mescola opere del passato a nuove produzioni site-specific in varie forme d'arte, compresa perfino la realtà virtuale: il progetto “To the Moon” infatti, realizzato in collaborazione con l'artista taiwanese Hsin-Chien Huang, attraverso l'uso dei visori VR trasporta gli spettatori in un viaggio esplorativo onirico attraverso la superficie della luna (che per me tra l'altro è stata la prima esperienza del genere).
La Anderson, anche se è nata in un sobborgo di Chicago, ha origini svedesi: nella mostra viene infatti raccontata la vera storia di suo nonno Axel e in particolare della sua infanzia difficile dopo il trasferimento negli Stati Uniti. Fotografie, parole e immagini proiettate documentano progetti del passato, come le esibizioni degli anni Settanta nelle quali usava un particolare violino che aveva un nastro sonoro al posto del crine dell'archetto; oppure il progetto in cui l'artista ha fotografato gli uomini che le rivolgevano commenti in mezzo alla strada, una forma di vendetta verso quella che le sembrava una grave violazione della privacy; o anche "Institutional dream series", che racconta di quando l'artista decise di dormire in luoghi pubblici per vedere se ciò che la circondava avrebbe influenzato i suoi sogni.
Una delle bellissime storie che siamo invitati a leggere narra di quando, a 12 anni, l'artista scoprì che la maggior parte degli adulti non ha la minima idea di quello di cui parla: fu quando ebbe un brutto incidente e i medici le dissero che non sarebbe mai più stata in grado di camminare; questo racconto è anche un'occasione per riflettere su cosa si ricorda del proprio vissuto. C'è anche la storia di Mohammed el Gharani, un giovane saudita che ha passato 7 anni in carcere a Guantanamo senza alcun motivo, che testimonia l'interesse della Anderson per l'attualità e la politica. C'è poi il testo della canzone "I'll be your mirror" scritta da Lou Reed (suo compagno di vita e collaboratore dal 1992 in poi), il video del 2005 "Hidden inside mountains", che è un capolavoro di poesia, e l'installazione spaziale “ARK”, che è basata sulla storia biblica dell'arca di Noè e fa entrare il visitatore in uno spazio avvolgente pieno di domande sul senso della vita.
Per il resto, il museo si concentra sull’arte moderna e contemporanea, offrendo ai visitatori più di 130 mila capolavori. Tra le mostre temporanee, ce n'è una che presenta opere di artiste scandinave degli anni '80 (periodo caratterizzato dagli alti e bassi finanziari, dalla paura dell'AIDS e dalla guerra fredda che stava volgendo al termine) e un'altra che rivisita gli artisti del modernismo svedese, all’inizio del XX secolo, quando la Svezia si trasformava da società agricola a nazione industrializzata, e l’ottimismo si mescolava alla paura della guerra mondiale.
La sera restiamo nel Norrmalm per fare un salto al mercato coperto di Hötorgshallen e passeggiare nella strada pedonale Drottninggatan, dove a un certo punto siamo entrati in un all you can eat asiatico, che propone un ricco buffet di cibo molto amato dai miei famigliari.
Come sempre anche stavolta ho programmato una sera in un jazz club, che in questo caso si chiama Glenn Miller cafè. Poiché mi avevano detto che avrei dovuto pagare il concerto in contanti, per tutto il giorno sono andata in cerca di un bancomat, scoprendo che in Svezia gli ATM sono rarissimi poiché quasi nessuno usa i soldi di carta e infatti in situazioni come queste, in cui si paga “a cappello”, invece dei soldi usano una app che si chiama Swish. Il concerto non è male, ma il posto è minuscolo e stiamo tutti ammassati, inoltre è una serata calda per gli standard svedesi e là dentro è un forno. Senza contare che non ho avuto modo di socializzare con nessuno (cosa che comunque non mi ha stupito più di tanto). Ciononostante, dal punto di vista musicale, rimango molto grata alla Svezia perché hanno inventato Spotify.

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