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Jaisalmer, la città dorata

Jaisalmer è la città più occidentale del Rajasthan, oltre la quale si estende il deserto del Thar fino al confine con il Pakistan. La cosiddetta città dorata, tutta realizzata in pietra arenaria, è la mia ultima tappa prima di tornare a Delhi. La zona più suggestiva dove alloggiare è il centro storico, rinchiuso dentro le mura del forte, anche se i meravigliosi palazzi antichi non sono propriamente un sinonimo di comfort, soprattutto in questa stagione così fredda.
Per qualche insondabile ragione la maggioranza dei ristoranti qui presenti vanta un menu italo-indiano; in uno di questi consumo la cena a base di spaghetti al pomodoro e origano. Il titolare è un imponente e distinto signore, naturalmente munito di baffi, che si mette a mia disposizione per qualunque cosa di cui potrei avere bisogno: treni, aerei, auto, guide ecc. Quando gli spiego la mia diffidenza raccontandogli la spiacevole esperienza che mi è toccata a Jodhpur, dove mi hanno organizzato una gita costosissima, inutile e logisticamente difettosa, lui annuisce comprensivo.
Il mio nuovo amico, oltre a conoscere perfettamente la storia e la cultura del Rajasthan, sa leggere la mano, ma non devo preoccuparmi: mi dirà soltanto cose positive e utili ad affrontare meglio la vita. Quindi con la mia mano nella sua prova a lungo a trovare un punto debole, tenta col lavoro, con l'amore, con la salute ma niente. Allora la butta sul sesso, forse sperando che io gli racconti qualche dettaglio piccante, o addirittura che gli confessi che sto cercando un maschione rajastano baffuto proprio a Jaisalmer. Quando comincia a parlare degli effetti positivi delle gemme (alcune delle quali incastonate nei suoi molti anelli) purtroppo sono costretta a confessargli che non credo affatto al loro potere e anzi non nutro alcun interesse nei confronti dei gioielli in generale. E insomma ci è voluta una buona oretta e mezza ma alla fine ho capito dove voleva andare a parare.
Molti indiani si arrangiano come possono e riescono ad essere piuttosto scaltri nelle loro piccole truffe ai danni dei turisti, ma raramente esagerano. Al massimo possono estorcerti un po' di rupie più del dovuto per l'affitto di un auto con conducente o per una cena al ristorante da loro consigliato, oppure riescono a convincerti a fare una donazione o beneficenza inesistente o ad acquistare appunto gioielli, tappeti, oggetti di finto marmo o altro. Secondo l'opinione del mio padrone di casa le vittime principali in realtà non siamo noi turisti occidentali, bensì gli indiani non residenti: quando tornano nella loro terra natia infatti sono così inebriati dal loro status di ricchi, che di fronte a qualunque cifra non battono ciglio e anzi preferiscono comprare l'oggetto che costa di più pure se vale di meno.
Ci troviamo nel gelido atrio del meraviglioso palazzo di famiglia e il succitato padrone di casa, seduto su un gradino a leggere il giornale, mi sta mettendo a parte di alcune sue riflessioni. Anche lui è intabarrato in una sciarpa alla maniera indiana, che gira intorno al mento e viene poi allacciata sulla cima della testa, che sembra che abbiano tutti il mal di denti. E poi sopra si è messo pure un cappello di peluche. "I treni ce li hanno portati gli inglesi" prosegue "Le strade ce le hanno portate gli inglesi. Il governo, la democrazia, le coltivazioni di tè, gli ospedali, le scuole, in pratica la civiltà ce l'hanno portata gli inglesi e se non fosse per loro adesso saremmo ancora una società primitiva. Certo gli inglesi queste cose ce le hanno portate molto tempo fa e oggi a volte sono anacronistiche, ma o prendere o lasciare." Terminata la lettura dei giornali, prepara la sua personale ricetta del masala chai (che lui fa solo con zenzero, pepe e cardamomo) e infine, rimasto in canottiera, si dirige verso il lavandino per lavarsi e farsi la barba.

Racconto di viaggio "UN VIAGGIO DA LECCARSI I BAFFI. Un altro Capodanno in India"