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La joie de vivre di Montréal

Montréal, il centro più popoloso della belle Province, sorge su un arcipelago intrappolato nel fiume San Lorenzo. In questa nostra indagine alla ricerca della sua peculiare gioia di vivere, partiremo dal nucleo originario della città, Vieux-Montréal, che si trova a pochi passi dal vecchio porto fluviale. Qui tutto è turisticamente grazioso, i ristoranti turisticamente cari (e spesso pessimi), le gallerie d'arte turisticamente traboccanti di scorci incorniciati di taiga innevata e orizzonti del San Lorenzo color celeste chiaro; i negozi di souvenir turisticamente forniti di oggetti (magnetici e non) a forma di renna o castoro, inguardabili bottiglie di sciroppo d'acero e gingilli realizzati in piume e pelle (misero omaggio alle "First Nations"). Nei paraggi si eleva la Basilica di Notre-Dame, una stupenda chiesa cattolica ottocentesca dal soffitto blu decorato con stelle dorate, piena zeppa di candele colorate e famosa per aver ospitato il matrimonio di Celine Dion.
Di fronte al centro storico, spuntano l'Île Sainte-Hélène e l'Île Notre-Dame, raggiungibili con mezzi propri attraverso il grandioso ponte Jacques Cartier, oppure con la metro, il bus, il ferry. Su di esse si sviluppa il Parc Jean Drapeau, frequentato tra le altre cose per il parco divertimenti, la biosphère, il circuito "Gilles Villeneuve" di Formula 1, il casino (tutti avanzi della mitica Esposizione universale del 1967). Il parco divertimenti "La ronde" ogni mercoledì e sabato d'estate si riempie all'inverosimile a causa dello spettacolo pirotecnico: oltre che per i prestigiosi fuochi d'artificio a ritmo − ad esempio − dei Pink Floyd, i montrealesi vi accorrono per ingozzarsi di schifezze e per spassarsela sulle giostre. È qui, presso le aree fumatori del parco, che ho notato accalcarsi la maggior parte degli appassionati di junk food (a causa dell'assurdo prezzo delle sigarette è piuttosto raro che un quebecchese possa permettersi contemporaneamente di fumare e di mangiare qualcosa di salutare), mentre sulle montagne russe chiamate "Le Monstre", realizzate interamente in legno come quelle dei cartoni animati, ho vissuto alcuni degli attimi più tremendi della mia vita, in seguito ai quali ho provato il brivido di varcare la porta dell'infermeria del parco.
Le principali arterie cittadine, Rue Saint-Denis, Boulevard St-Laurent e Rue Saint-Urbain, conducono dritte dritte al Plateau Mont Royal, base bohémienne degli artisti locali e punto di aggregazione dei giovani trendy. Tutti questi nomi di santi appaiono molto anacronistici oggi, considerando che la città è sempre più atea e anticlericale e che molte chiese sono abbandonate o convertite addirittura in condomini. A sud-ovest del centro si incontrano la frequentatissima Rue Ste-Catherine (un'altra santa, in questo caso devota al dio dello shopping, del cibo e del divertimento) e l'elegante Rue Sherbrooke, dove hanno sede l'antica e prestigiosa Università McGill e il Musée Des Beaux-arts: la visita del padiglione dell'arte canadese e di quello dell'arte dei nativi risulterà molto utile per visualizzare in anteprima cosa ci aspetta del paesaggio del Québec (in sintesi: neve, pioggia, il fiume, laghi, case dai tetti molto spioventi e scarsa gioia di vivere invero).
Il folto mazzo di grattacieli presente qui nel downtown si può ammirare dall'alto (poco più di duecento metri) del Parc du Mont Royal, il polmone verde della città. Soprattutto di sera, il panorama dello skyline illuminato presenta il suo consueto fascino.
Allontanandosi dal centro le strade diventano prettamente nordamericane: muri di mattoni rossicci alti due piani, porte gemelle sormontate dal proprio elegante numero civico, scale esterne in ferro. Ben presto ho scoperto con orrore che le scale non sono d'emergenza, ma servono veramente per raggiungere gli appartamenti al primo piano: questo è davvero troppo per i montrealesi che d'inverno devono usarle (alcuni con la bicicletta in spalla) nonostante siano ricoperte da un imponente strato di neve. Forse anche per questo motivo oggi a Montréal impazza la moda del condo: abitare in condominio è il nuovo status symbol dei “Pepsi" (così vengono soprannominati gli abitanti di Montréal) e il nuovo business dei costruttori.
Come si è visto, Montréal è una delle città più multietniche del Nord-America. Circa un terzo della popolazione non discende dai primi abitanti del Canada, di nazionalità francese, e infatti oggi ci sono angoli o interi quartieri dedicati ad ognuno dei popoli immigrati. Per esempio Chinatown, delimitata da porte a pagoda rosse e gialle, brulica di gente che confeziona ravioli ripieni e negozi che espongono risi alla cantonese e polli alle mandorle di plastica. Nei bar cubani si balla la salsa a tutte le ore. Nel quartiere ebraico gli uomini hanno la kippah e i boccoli ai lati del viso e le donne sospingono i passeggini indossando il foulard. A Little Italy i bar hanno i banconi di zinco e trasmettono le partite di calcio mentre al Marché Jean Talon alcuni vendono frutta e verdura in calabrese arcaico. I ristoranti thailandesi, vietnamiti, giapponesi, cinesi, indiani pregano in doppia lingua di portare il proprio vino.
Un modo per fare il giro del mondo senza muoversi da Montréal consiste nel visitare il suo Jardin Botanique. In un'area di circa 75 ettari sono ospitate dieci serre d'esposizione e una trentina di giardini all’aperto; a parte i fiori tropicali, le rose, i lillà, le piante acquatiche e quelle tossiche, vanno segnalati il giardino cinese (copia di un tipico giardino della dinastia Ming, pagode e laghetto compresi), il padiglione giapponese (che ospita un giardino zen e una collezione di bonsai) e l'ambiente alpino (con tanto di cascate e conifere). Dopo 8 ore nel giardino botanico di Montréal, si fa molta fatica a ricordarsi in che Paese ci si trovi.
Nel mese di luglio è molto piacevole girare per la città in bici, grazie al comodissimo servizio di bike sharing alimentato ad energia solare, che permette di prendere e lasciare la bicicletta praticamente ad ogni angolo di strada. Mentre pedalavo sulla mia bixi, davanti ai miei occhi scorrevano le diverse facce dell'esemplare joie de vivre montrealese: murales e graffiti, vasi di fiori alti quanto un uomo e centri estetici dalle insegne piene di giochi di parole imbarazzanti, lavori in corso (coni di plastica arancione in ordinate file) e bandiere del Québec (una croce bianca che divide il rettangolo in quattro ulteriori rettangoli blu con giglio bianco al centro). Ma non dimentichiamoci che l'estate dura giusto una manciata di settimane e poi riprendono i rigori delle correnti artiche.
Sotto terra tutto resta identico per 12 mesi l'anno. La metropolitana è gialla, arancione e antiquata, e non ha nulla che giustifichi l'esorbitante prezzo del biglietto. Oltre alla metro, esiste una vera e propria città sotterranea: oltre 30 chilometri quadrati di negozi, cinema, alberghi, ristoranti collegati tra loro. Purtroppo, nonostante io abbia trascorso diversi giorni a Montréal, non solo non mi sono minimamente accorta della sua esistenza, ma nessuno me ne ha mai fatto cenno (questo a ulteriore conferma della proverbiale discrezione ed educazione degli abitanti del Québec).

Racconto di viaggio completo "IO MI RICORDO. Québec, un po' di Canada"