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Fake Kazakistan
Turkestan, la «seconda Mecca dell'Oriente», attrae da secoli frotte di pellegrini che vanno a visitare il mausoleo del più grande poeta e mistico dell'Asia centrale, il maestro (Khoja) Ahmed Yasawi. Costui all’inizio del XII secolo fondò qui una scuola di sufismo e ancora oggi è ampiamente venerato nel mondo di lingua turca per aver reso popolare questo movimento mistico nell'Islam (la serie turca “Mavera”, per dire, è basata sulla sua vita). Fu Timur, alias Tamerlano (sotto il cui controllo era passata la città), a far erigere questa magnifica struttura, dopo che Ahmed Yasawi (stando a quanto dice la leggenda) gli era apparso in sogno predicendogli l'imminente conquista di Bukhara. Anche se la costruzione fu interrotta con la morte di Timur nel 1405, il mausoleo ancora oggi è considerato il monumento più significativo di tutto il Kazakistan (dal 2003 incluso nel patrimonio UNESCO), ma soprattutto rappresenta il prototipo degli inconfondibili edifici che Tamerlano fece costruire a Samarcanda e in altre città del regno.
Quando l'impero timuride si disintegrò, il territorio passò sotto il Khanato kazako, che nel XVI secolo fece di Yasi, poi ribattezzata Turkestan, la sua capitale. Fu allora che i kazaki acquisirono individualità come gruppo etnico, per questo Turkestan conserva ancora oggi un grande valore simbolico come cuore culturale del Paese. A questo periodo d’oro risalgono le fortificazioni e le mura che circondavano la città, di cui oggi restano soltanto delle porzioni. Nel museo storico (l'unico luogo non restaurato qui nella cittadella, ancora senza aria condizionata) viene esaltata l'importanza nazionale di questa città così antica, nonché il valore spirituale derivante dalla presenza del maestro Ahmed Yasawi e di tutti i "khan" che si succedettero. Molti di questi re e anche altre personalità di spicco sono sepolti qui, per esempio una pronipote di Tamerlano riposa nel monumento funebre (completamente ricostruito) accanto a quello del maestro. Altre eredità del periodo medievale sono un hammam e una moschea sotterranea, in cui si crede che Ahmed Yasawi si fosse ritirato negli ultimi anni di vita.
Nel tempo l’antica cittadella si spopolò e nacque la città nuova, che c’è ancora adesso ma nella quale non ho messo piede. Nel periodo sovietico, sebbene il mausoleo fosse chiuso al pubblico, i pellegrini continuavano a recarsi al monumento; alcuni lavori di conservazione e restauro vennero comunque effettuati a quei tempi, ma non così radicali e continui quanto dopo l’indipendenza. Come Shymkent, anche Turkestan negli ultimi tempi ha visto crescere il numero di abitanti, registrando un calo degli uzbeki etnici, che comunque restano un discreto numero.
Sull’onda degli sforzi che il governo kazako sta facendo per avviare il turismo nel Paese, diverse aree di Turkestan e dei suoi dintorni sono state designate Zona Economica Speciale e la città è stata recentemente soggetta ad un completo e dispendioso restyling che in meno di dieci anni l’ha resa irriconoscibile. L’opera più sorprendente è il Karavan Saray, il più grande complesso turistico dell'Asia centrale, completato su un’area di circa venti ettari tre anni fa, dopo che la città era stata nominata “la capitale spirituale del mondo turco” dal Consiglio turco (un’organizzazione internazionale che comprende Turchia, Uzbekistan, Azerbaigian, Kazakistan e Kirghizistan). Solo tre mesi dopo si cominciarono a notare segni di deterioramento nelle strutture appena realizzate: il fatto che una somma del genere si fosse tradotta in costruzioni e materiali di scarsa qualità scatenò l'ira dei cittadini. Questo finto caravanserraglio è una specie di Disneyland della Via della seta che comprende negozi, hotel, ristoranti, cinema, un canale navigabile, una fontana luminosa e molto altro. Il cosiddetto Teatro volante, ad esempio, è una struttura con un tetto d'oro a forma di uovo intitolata a Samruk, un uccello del folklore kazako che pose un uovo d’oro nel nido dell’enorme albero della vita a cui nella notte dei tempi assomigliava il nostro pianeta. Lo stesso mito di origine turcica è alla base della famosa torre di osservazione Baiterek, nel centro di Astana, considerata un simbolo del Kazakistan post-indipendenza; si tratta appunto di un albero stilizzato alto 97 metri (corrispondente al 1997, l'anno in cui la città divenne la capitale) con i "rami" che sostengono un'enorme sfera color oro, che sarebbe appunto l’uovo d’oro che contiene tutti i desideri degli uomini e le risposte sul loro futuro. Vabbè poi in cima c'è un'impronta dorata della mano destra di Nursultan Nazarbaev, il primo presidente (un tipo molto umile), su cui i visitatori sono invitati a poggiare la propria mano esprimendo un desiderio.
Un grande "pioppo della conoscenza" si trova pure nell'atrio dello scintillante Museo del patrimonio culturale di Turkestan, un museo etnografico dedicato alla "cultura delle steppe", dove ci viene spiegato che nella mitologia turcica (ma anche in altre culture) esso ha la funzione di collegare i tre regni dell'universo: quello sotterraneo, la terra e il cielo.
Il ritrovamento archeologico che ha permesso di dare uno sguardo nuovo agli antenati dei kazaki, ossia gli sciti, è il "Tutankhamon del Kazakistan", i cui resti furono rinvenuti nel 1969 in un tumulo funerario vicino alla città di Issyk. Si tratterrebbe di un principe/principessa saka (parente orientale degli sciti) del III o IV secolo a.C., di circa diciotto anni, sepolto/a con un equipaggiamento da guerriero e un ricco corredo funebre, inclusi migliaia di raffinatissimi ornamenti d'oro (metallo che aveva un ruolo preponderante nella loro religione). Il tumulo comprendeva anche un'iscrizione saka, una lingua iranica orientale di cui molto raramente di sono trovate tracce epigrafiche. Partendo da questo e da altri corredi funerari rinvenuti in vari luoghi dell'attuale Kazakistan, sono stati realizzati i manichini del guerriero d'oro e di altri uomini e donne del passato esposti qui. Come si evince dagli altri oggetti, statue e pannelli esplicativi, il cavallo era un elemento fondamentale della società scita, sia come fulcro dell'attività nomade e di quella guerriera, sia come fonte di nutrimento.
Una sezione del museo è dedicata al sito archeologico della cultura Botai, nel Kazakistan settentrionale, che risale al 3500 a.C. circa ed è importantissimo perché ha prodotto alcune delle prime prove in assoluto dell'addomesticamento del cavallo.
Per concludere, se a tutto ciò aggiungiamo la bellissima moschea Ahmed Yasawi (un recente omaggio da parte della Turchia), le fontane e le altre strutture luminose a forma di fiori di loto o alberi, le macchinine elettriche che girano per le strade, l’etno-village con le yurte e i finti cavalli, i cammelli veri (su cui vengono piazzati bambini imbronciati) e quelli finti presenti un po’ ovunque, i giardini e i parchi curatissimi e continuamente innaffiati, i cestini e i lampioni a tema, i ristoranti e parchi gioco per famiglie e tutte le altre attrazioni create nel centro storico di Turkestan, l’impressione è di circolare dentro a un gigantesco padiglione dell’expo. E comunque è bello, a suo modo, oltre a rappresentare una perfetta metafora di questo Paese di contrasti che è il Kazakistan.
Tutto ciò detto, Turkestan è un luogo di culto che attrae veri pellegrini islamici e pochissimi visitatori occidentali, infatti più di una volta sono stata fermata da qualcuno che voleva intervistarmi. C’è stato anche un ragazzo, non so se pellegrino o residente, che mi ha bonariamente seguito per una mezz'oretta perché voleva diventare mio amico, ma non aveva niente da dire e anche se l’avesse avuto non avrebbe saputo in quale lingua dirmelo.
Racconto di viaggio completo: "ESPOSIZIONE UNIVERSALE. Viaggio in Kazakistan meridionale"