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L'oro nero di Baku

La città vecchia di Baku un tempo si affacciava direttamente sul mar Caspio, mentre oggi a separarla dal lago più grande del mondo c'è il Baku City Seaside National Park, una striscia lunga più di 25 chilometri che presenta aiuole, chioschi, bar, statue e naturalmente una bella passeggiata molto frequentata da turisti e residenti. Ecco, ai piedi della collina, il centro commerciale a forma di fiore e l'immancabile mini-Venezia, ecco di fronte allo yacht club la fontana dei cigni, ispirata ad uno dei poemi del solito Nizami. Nei giardini pubblici affollati di donne che ramazzano, molte foto d'epoca raccontano come appariva questo lungomare nel passato, un progetto fotografico racconta la straordinaria tolleranza di cui l'Azerbaigian si vanta in ogni dove, mentre la procura generale ci mette in guardia dai pericoli della droga. Superati la Government House e il circuito cittadino dove si svolge il gran premio di Formula 1, mi trovo ai piedi di alcuni neonati grattacieli, tra cui il Crescent hotel, un edificio in vetro a forma di mezzaluna.
Parallela al lungomare scorre una grande arteria che conduce al nuovissimo distretto Baku White City. Il nome di questo quartiere residenziale è altamente simbolico perché esso sorge in quella che un tempo era conosciuta come "città nera", sede delle industrie petrolifere del Paese. Nel 1991 Terzani la descriveva così: "Il cielo è sempre giallastro. L’aria puzzolente. La spiaggia è coperta di pompe in disuso, di ferraglia, di tubi rotti", e ancora quindici anni fa era un paesaggio desolato di pozzi petroliferi abbandonati tra cumuli di immondizia.
I giacimenti di petrolio e gas costituiscono la ricchezza principale del paese sin dalla notte dei tempi, infatti Marco Polo nel "Milione" descriveva una fontana, situata al confine tra la Grande Armenia e la Georgia, da dove sgorgava tanto olio "buono da ardere", molto apprezzato. Ancora oggi sul fianco della collina di Yanar Dag (la "montagna che brucia", 25 km circa a nord di Baku) il gas naturale che fuoriesce costantemente alimenta delle fiamme eterne che possono raggiungere i 3 metri di altezza, mentre presso il Tempio del Fuoco di Ateshgah, un luogo sacro della religione zoroastriana, un tempo ardeva un fuoco naturale (considerato un simbolo divino) che però nel 1969 si è estinto: oggi la fiamma viene propagata artificialmente a scopi turistici e molti visitatori la considerano una bella fregatura. A Baku già nel XV secolo il petrolio veniva utilizzato per l'illuminazione, nel 1848 venne effettuata la prima trivellazione di tutti i tempi e all'inizio del XX secolo c'era l'area petrolifera più grande del mondo.
Ai piedi dell'hotel JW Marriott Absheron prendo un Bolt che mi porta al Centro culturale Heydər Əliyev. Si tratta di un meraviglioso edificio bianco e sinuoso di quasi sessantamila metri quadri, progettato dall'archi-star iracheno-britannica Zaha Hadid e inaugurato nel 2012. Nell'ampio spazio di fronte all'ingresso tutto è di un candore accecante: sia le sculture contemporanee sia un gruppo di donne biancovestite protagoniste di uno shooting fotografico. Gli spazi espositivi di questo contenitore culturale all'avanguardia sono dedicati a variegati argomenti: archeologia, arte contemporanea, abiti uzbechi, bambole ecc.; di grande interesse la mostra di circa 50 modelli in scala di famosi edifici di Baku e del resto del Paese, tra i quali il distretto White city che non ero riuscita a vedere dal vivo. Due opere d'arte sono dedicate al nostro Heydər Əliyev, il primo segretario dell'Azerbaigian sovietico dal 1969 al 1982, poi presidente della Repubblica dall'ottobre 1993 all'ottobre 2003, nonché il motivo per cui molti azerbaigiani hanno lasciato il Paese.
Oltre all'aeroporto, al centro culturale e al viale su cui sorge, molte altre strutture pubbliche di Baku prendono il nome dal vecchio presidente: una sala concerti, una raffineria di petrolio, una moschea, uno stabilimento di acque profonde, un parco... senza contare piazze, strade, scuole, parchi e quant'altro anche nel resto del Paese e all'estero, e infine l'oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan. Quando alla fine del secolo scorso i giacimenti terrestri si esaurirono, infatti, si passò allo sfruttamento dei giacimenti del mar Caspio: il cosiddetto "Contratto del secolo" portò nel 2006 all'inaugurazione di questo oleodotto (definito il "capolavoro del Presidente"), che oggi si configura come il principale canale di esportazione del petrolio azerbaigiano all'estero, soprattutto dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina. Gli introiti hanno reso possibile la metamorfosi dell'Azerbaigian in una specie di sceiccato, ma nonostante i successi internazionali sul fronte interno il governo di Heydər Əliyev aveva cominciato a perdere popolarità, soprattutto a causa di brogli elettorali, corruzione e autoritarismo, finché dopo la sua morte il timone è passato nelle mani del figlio İlham.

Racconto di viaggio completo "AZERBAIGIAN: LA TERRA DEI FUOCHI"