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Isonzo a colori

L’Isonzo scorrendo Mi levigava Come un suo sasso Ho tirato su Le mie quattro ossa E me ne sono andato Come un acrobata Sull’acqua
(Giuseppe Ungaretti, "I fiumi")

Il fiume Soča nasce in Val Trenta, nelle Alpi Giulie slovene. Prima di fare il suo ingresso in Italia e prendere il nome di Isonzo, lambisce sinuosamente le città di Bovec, Kobarid e Tolmin. La sua 'bellezza di smeraldo' oggi fa da vivace scenario ad attività come il kayak, il rafting, il trekking, mentre un tempo era lo sfondo in bianco e nero di uno dei più terribili carnai che il nostro giovane Paese avesse conosciuto. Guardando le foto dell'epoca, è davvero difficile immaginare quanto siano spettacolari i suoi colori tra il verde e il turchese, l'ultima cosa che molti soldati dell'esercito regio avevano guardato prima di morire. 
Il comune alpino di Bovec, ai piedi del monte Rombon e ai margini del parco nazionale del Triglav, ci ha ospitato per tre giorni nuvolosi a cavallo di Ferragosto, in una delle centinaia di apartmaji di cui è fornito. Poiché questa fetta dell'attuale Slovenia venne inglobata nei confini italiani dal 1920 al 1947, Bovec possiede un nome italiano (Plezzo), e la stessa cosa accade con gli altri toponimi della zona. Bovec è un buon punto di partenza per esplorare l'area in quanto dotata di centinaia di posti letto, ma per la cena è meglio spostarsi a Kobarid, capitale gastronomica della regione.
Una delle più belle esperienze da compiere in questa zona è passeggiare lungo il corso dell'Isonzo: da Bovec fin quasi al passo di Vršič (o della Moistrocca) – passando per Sonzia e Trenta – la strada segue il corso del fiume. Facilmente si può parcheggiare l'auto e intraprendere uno dei tantissimi camminamenti da cui ammirare le gole, le rocce ammantate di muschio brillante e gli scenari fantasy talvolta adornati dalla nebbiolina. Proseguendo nella valle di Trenta, prima di arrivare al passo, c'è un rifugio da cui parte un sentiero che conduce fino alla sorgente dell'Isonzo, o Izvir Soče (un buco di acqua blu). L'ultimo tratto è una ferrata breve ma abbastanza spaventevole per i non esperti come me.
Procedendo invece da Bovec in direzione ovest vale la pena visitare il pittoresco villaggio di Plužna con la vicina sorgente del torrente Gijun, la cascata Virje ed il piccolo lago. Ed ecco la cascata Boka – la più possente del Paese – ben visibile dalla strada Bovec–Žaga. Le acque che si accumulano sulle montagne della catena del Kanin cadono per circa cento metri, ma nei mesi estivi la portata non è al suo massimo. Se dopo Žaga, sempre seguendo il corso dell'Isonzo, si prosegue verso sud, si giunge a Kobarid.
Nel Museo di Caporetto, oltre alla storia locale, vengono ricordati gli eventi del fronte isontino (dove molti personaggi come Mussolini, Hemingway, Rommel hanno avuto il loro battesimo di fuoco) e naturalmente viene dato ampio risalto soprattutto a quello che fu il più grande scontro armato combattutosi in Slovenia. L'omonima battaglia dell'ottobre 1917 costituì la più grave disfatta nella storia dell'esercito italiano, mentre per quello austriaco fu tutto il contrario (il "Miracolo di Caporetto", lo chiamano). Il 24 ottobre l'armata austro-ungarica fece un'incursione oltre la valle di Bovec fino a Žaga, quindi assalì il seicentesco Stol; contemporaneamente un'altra divisione spinse gli italiani dal Rombon alla valle di Uccea attraverso il Kanin. Si combatté anche tra Tolmin e Kobarid. Il 28 ottobre l'esercito italiano fu definitivamente sconfitto e dovette ritirarsi fino al Piave. 
Sul colle Grič sopra Caporetto c'è il più grande ossario dei soldati italiani caduti durante la prima guerra mondiale, sistemato intorno alla chiesa di S. Antonio di Padova e inaugurato da Mussolini in persona nel 1938. Inoltre dell'itinerario storico fanno parte vari sentieri che portano il visitatore nelle linee di difesa italiane attraverso trincee, fortini, caverne e punti di osservazione.
Infine, procedendo da Bovec verso nord, ci si addentra nella Val Coritenza (Koritnica), parallela al fiume omonimo. Per prima si incontra la fortezza di Kluže, di origine veneziana e poi ricostruita più volte dagli austroungarici, quindi il piccolo abitato di Log Pod Mangartom (Bretto). Qui c'è il cimitero militare austriaco della prima guerra mondiale: molto bella la scultura di Ladislav Korfanek che rappresenta due soldati che guardano la cima del monte Rombon, per la conquista del quale sono caduti la maggior parte di questi soldati.
Proseguendo oltre, la strada si bipartisce: da un lato si raggiunge il confine con l'Italia al valico del passo del Predil (seguito dall'omonimo lago), dall'altro la strada conduce al Monte Mangart, la terza cima della Slovenia con i suoi 2679 metri di altezza. Questa strada, costruita nel 1938 dall’esercito italiano, oggi è completamente asfaltata ed è la più alta di tutta la Slovenia.