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Destinazione Romania

Ero in un piccolo locale nel centro storico di Bari e stavo assistendo al concerto di un cantautore che pretendeva il silenzio assoluto. Dunque, non volava una mosca. Erano partiti i primi accordi del nuovo brano, quando la porta si è spalancata improvvisamente e si è affacciato un violinista, seguito da altri due musicisti ancora sulla strada. Tutte le persone assiepate nel locale hanno rivolto all'unisono la testa verso l'ingresso, trattenendo il respiro. Il violinista ha detto: «Noi viene di Romania». È stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Era giunto il momento di capire cosa era questa Romania da dove tutti loro viene.
Giugno, ultimi giorni di scuola. In questa prima media ormai si erano quasi tutti ritirati; erano presenti soltanto due bambini iperattivi e due alunne rumene. Mentre i due undicenni cercavano di passare il tempo a modo loro, gattonando tra i banchi e inserendosi pezzi di gomma per cancellare nel naso, io conversavo con le ragazzine.
Mi raccontavano di mamme partite sole per l'Italia anni fa, di padri mai conosciuti o divorziati, di un nuovo fidanzato italiano per la mamma e poi dell'incidente che lo ha ucciso; mi elencavano lavori da badante, da addetta alle pulizie o alla raccolta della frutta. Mi dicevano della voglia di tornare a casa per le vacanze, nella casa in campagna della Moldavia, per rivedere i nonni, gli zii e i cugini, e della speranza di trascorrere anche delle giornate in montagna, magari a Brasov, in Transilvania.
Al termine dei loro racconti, Anamaria mi ha chiesto: «E la tua storia qual è?» Non sapevo cosa dire. «La mia storia? Ma la mia non è così interessante» ho risposto presa alla sprovvista. «Tutte le storie possono essere interessanti» mi ha detto lei «dipende da come la racconti».
Prima di me, quest'anno sono state in Romania tre amiche mie. Una mi ha detto di essere stata fregata da un tassista dell'aeroporto Otopeni. L'altra mi ha detto di stare attenta ai tassisti dell'aeroporto Otopeni. La terza ha preso l'autobus. Il mio primo obiettivo, dunque, arrivando a Bucarest Otopeni a mezzanotte passata, quando l'autobus non funziona, era di non farmi fregare dai tassisti.
Sull'aereo la maggioranza assoluta dei passeggeri era costituita da donne rumene con o senza bambini (più con, comunque). Poi venivano gli uomini rumeni, che facevano di tutto per stare lontani dai suddetti bambini. In minoranza assoluta giovani di imprecisata provenienza in viaggio (uno era accanto a me e ha dovuto tenersi sulle gambe alcuni arti di uno dei suddetti bambini per quasi tutto il viaggio, mentre la madre continuava a chiedergli se gli desse fastidio). E infine c'erano i business men meridionali, facilmente individuabili dagli abiti firmati, dalle arie che si davano (che denotavano grande familiarità con il Paese di provenienza dei loro pezzenti compagni di volo) e infine dai commenti ad alta voce riguardanti procaci parti del corpo delle hostess.
Giunti lì, dunque, ho acchiappato il più scaltro di questi business men e gli ho chiesto delucidazioni in merito alla questione tassisti, giocandomi la carta della mia prima volta in Romania. Lui mi ha invitato molto gentilmente nel suo taxi e mi ha accompagnato all'ostello prenotato, senza nemmeno farmi pagare una parte della corsa.

Racconto di viaggio "FRUMOASĂ ROMÂNIA?" 

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