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Le banconote del Madagascar

Nel 2003 l'Ariary ha sostituito il Franco Malgascio, che non è un cantante confidenziale degli anni '70 dotato di basettoni e camicia sbottonata sul petto villoso, bensì la vecchia moneta del Madagascar. Sulle banconote dell'Ariary sono stampate le seguenti immagini: due lemuri di specie diverse aggrappati a un ramo, esemplari vegetali tipici come la palma ravenala, il baobab, il cactus e l'agave, zebù accompagnati da pastore con cappello tondo e coperta sulle spalle, donne che intrecciano cesti e cappelli di rafia, totem di legno infilzati nel terreno, villaggio degli altipiani con capanne di paglia, baie di Fort Dauphin e di Antsiranana, piroga con vela triangolare raffazzonata e pescatori al lavoro al sorgere del sole.
Poi, incredibilmente, sulla banconota da 10.000, un cantiere con una ruspa, una gru e degli omini impegnati in lavori stradali: gli operai sono tre silhouette nere sullo sfondo giallo di un sole stilizzato e scintillante e solo il primo dei tre è dotato di una preziosa vanga bianca. Su ogni banconota, indipendentemente dal taglio, è piazzato il disegno miniaturizzato di questa orma di piede sinistro che è il Madagascar.
Cosa mi aspettava, dunque, lo avevo visualizzato in anteprima una volta cambiati i soldi a Tanà, come viene chiamata amichevolmente la capitale Antananarivo in questo Paese dai toponimi e nomi propri infiniti e impronunciabili. Poiché la banconota di maggior taglio è quella da 10.000 Ariary, che equivalgono oggi a circa 4 euro, serve un portafogli ben grande per un vazaha (in gergo, straniero di pelle bianca) che intenda visitare il Madagascar. E i malgasci lo sanno. Questo giusto per chiarire l'impronta che accomuna virtualmente ogni tipo di relazione umana che si può intrecciare sulla quarta isola più grande del mondo. E tralascio il colore e l'odore dei soldi di carta malgasci, perché è meglio non riflettere sulla certezza assoluta dei posti in cui sono transitati prima di giungere nelle mani bianche e morbide dei vazaha.

Racconto di viaggio "MADAGASCAR. Un'omelette nell'oceano Indiano" 

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