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Sintra: tutto è viaggio

Nel primo viaggio in Portogallo ciò che era dispiaciuto maggiormente alla viaggiatrice era stato non poter visitare Sintra. Non che avesse bene idea di come fosse fatta, ma le bastava aver visto una foto di quel palazzo fiabesco rosso e giallo che all'epoca non sapeva, ma ora sì, che si chiama Palácio Nacional da Pena.
Pur cosciente dell'affollamento estivo di quella località, la Viaggiatrice ha deciso di trascorrere lì un paio di giorni, ma è stata punita: Sintra il lunedì di Ferragosto era una trappola inestricabile di sensi unici e ingorghi automobilistici, poi ha cominciato a piovere. Ma se fosse stato solo questo, avrebbe rovinato soltanto un'ora del suo umore, considerando che aveva messo in conto queste ed altre piccole disavventure senza importanza.
Il problema era un altro: per due giorni le splendide ville e i lussureggianti giardini, i palazzi signorili e le strade sinuose, tutta la collina su cui sorge questa affascinante località era avvolta nella nebbia. La nuvolaglia aveva un suo fascino fiabesco, ma la viaggiatrice non va tutti i giorni a Sintra e avrebbe preferito riuscire a vedere almeno dove metteva i piedi. Comunque, dopo aver spaziato con lo sguardo sul bosco nebbioso dal bovindo della camera d'albergo, ha indossato qualcosa di pesante e ha raggiunto a piedi São Pedro de Penaferrim; la taverna dove voleva cenare non era aperta al pubblico: quella sera si festeggiava un matrimonio e la viaggiatrice non ha potuto far altro che bere un bicchiere alla salute degli sposi.
Per la visita al Palácio Nacional da Pena e all'annesso Parque la viaggiatrice non è sola, per usare un eufemismo. La collina tra il Castelo dos Mouros e il Palácio da Pena è tutto un serpentone di auto. Descrivere il Palazzo è un'impresa in cui la viaggiatrice non si prenderà la pena di imbarcarsi, d'altra parte nemmeno il Maestro Saramago si è azzardato a farlo. Si limiterà a dire che i bastioni e le cupole, i camminamenti e le torri, gli smerli e le arcate, le piastrelle e i pinnacoli, rossi, grigi, gialli, blu, a causa della nebbia apparivano molto più sbiaditi di qualunque fotografia la viaggiatrice avesse mai visto. Nondimeno quella visita le resterà impressa, anche per la suggestiva passeggiata nel Parco pieno di piante esotiche e autoctone, muschio e ponticelli.
Terminata la visita, la viaggiatrice ha attraversato la Serra de Sintra per giungere a Cabo da Roca, il punto più occidentale del continente europeo. Nascosti nella boscaglia ha intravisto altri incantati manieri, come la Quinta da Regaleira e il Palácio de Monserrate. Il Capo era segnalato da un faro, la brughiera si inchinava al forte vento, le creste delle onde si infrangevano con violenza sulle rocce, le giacche a vento si gonfiavano e i giapponesi, incuranti, assumevano pose assurde per farsi fotografare.
Mentre la viaggiatrice, diretta verso la punta più meridionale della penisola di Sintra, costeggiava l'oceano, improvvisamente il fronte nuvoloso si è dissolto, sostituito dal cielo terso: le colline verdi, le dune e i kitesurf si sono illuminati di botto. A Cascais la viaggiatrice si è fermata presso la cosiddetta Bocca dell'inferno (che altro non è che un'insenatura rocciosa piena di gente che sta al sole, guarda il mare e ridacchia osservando i pescatori di polpi che danno spettacolo) e ha ignorato ogni altro aspetto della cosiddetta Costa Azzurra portoghese.
L'indomani mattina, già pronta per lasciare Sintra, la viaggiatrice si è affacciata alla finestra e ha strabuzzato gli occhi. Stentava a riconoscere il luogo dove aveva trascorso quasi 48 ore: il bianco degli intonaci, il blu del cielo, il rosa delle ville brillavano addirittura. Ma visto che l'imperativo del viaggio è che bisogna andare, la viaggiatrice ha imboccato la via che porta al mare.

Racconto di viaggio "C'ERA UNA VOLTA... IN PORTOGALLO" 

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