home51.jpg

Estremadura: tutto questo vento intorno

Già pronta per lasciare Sintra, la viaggiatrice si è affacciata alla finestra e ha strabuzzato gli occhi. Stentava a riconoscere il luogo dove aveva trascorso quasi 48 ore: il bianco degli intonaci, il blu del cielo, il rosa delle ville brillavano addirittura. Ma visto che l'imperativo del viaggio è che bisogna andare, la viaggiatrice ha imboccato la via che porta al mare. Aveva a disposizione ancora tre notti e poi il sabato nel primo pomeriggio sarebbe dovuta essere all'aeroporto di Porto (i lettori scuseranno questa inevitabile cacofonia). Per andare da Lisbona a Porto bisogna correre parallelamente all'Oceano e sulla strada si ha l'imbarazzo della scelta tra conventi e monasteri, località balneari e cittadine storiche. La viaggiatrice si sarebbe fermata dove il destino avrebbe suggerito.
Intanto la viaggiatrice ha scoperto di essere circondata dai mulini a vento e ne è rimasta sorpresa. La sua semplicistica geografia dei mulini a vento li collocava in Olanda e al limite in Spagna, ma in Portogallo proprio no. E invece mulini antichi, bianchi di calce, con le pale di legno e stracci, alcuni ancora funzionanti. E poi, in taluni casi, affiancati dai loro eredi: le pale eoliche, alte, snelle e più alte dei padri. Nei pressi di Ericeira non si è sottratta alla visita di questo tipico villaggio portoghese in miniatura, che è stato ricostruito a Sobreiro con tanto di mulino e chiesetta.
Il viaggiatore non può vedere tutto: deve operare delle scelte. Obidos, ad esempio, è rimasta sdegnosamente chiusa dentro le sue rinomate mura medievali e non ha fatto nulla per attirare la viaggiatrice, la quale si è diretta invece verso il Parque Natural das Serras de Aire e Candeeiros. Forse sperava in cuor suo di migliorare il fin lì deludente rapporto con la natura portoghese. O forse voleva soltanto non mischiarsi troppo con i turisti. Aveva comunque a portata di mano Nazarè, ex villaggio di pescatori diventata meta turistica, Batalha, nota per il suo straordinario monastero in stile gotico-manuelino, Alcobaça, sede di un famoso monastero medievale, di cui le aveva parlato anche quel motociclista incontrato a Sabugueiro, che le aveva fatto vedere persino la foto sul telefonino, dove lui era in posa, in piedi, e dietro c'era il celebre monumento.
Il destino però ha deciso di farla pernottare a Porto de Mós, una cittadina moderna di circa 25 mila abitanti situata nel distretto di Leiria, nell'Estremadura. All'ufficio del turismo sono state illustrate con dovizia di dettagli le offerte ospitali e escursionistiche della zona. L'anziano receptionist dell'hotel Felipe − momentaneo sostituto di suo figlio, al momento in ferie in Algarve − le ha consegnato le chiavi della camera. La viaggiatrice si è quindi incamminata verso il mulino Miguel, oggi trasformato in un rustico ristorante. Da lì su si vede tutta la cittadina, il castello di antiche origini con le torri maiolicate in verde, l'inizio del parco e, sulle colline dirimpettaie, altri minuscoli mulini.
Al Mulino Miguel la viaggiatrice ha mangiato un'incredibile quantità di cibo spendendo una cifra ridicola. Ma ciò non l'ha sorpresa più di tanto: ormai aveva accumulato una discreta esperienza in fatto di ristoranti portoghesi. Aveva imparato ad esempio che al cliente appena seduto servono degli stuzzichini (petiscos), a base di pane, burro, formaggio e a volte baccalà fritto; che le porzioni sono gigantesche e per questo motivo è possibile ordinarne una media dose; che la carne è immancabile, che sia trippa con fagioli a Porto, o frango (che in italiano non è altro che il pollo), o porco preto (ossia il pregiato maiale nero). E anche dal Mulino Miguel è fuoriuscita barcollando.
Purtroppo, anche l'esperienza escursionistica nel Parque Natural das Serras de Aire e Candeeiros è stata un buco nell'acqua. I sentieri raccomandati erano bruciati dal sole e dagli incendi e i corsi d'acqua rinsecchiti. Solo in seguito ha compreso che qui l'acqua è sotto terra, non sopra. Nel sottosuolo infatti si aprono delle grotte profonde in parte visitabili, come la Grotta di Mira d'Aire, la più grande e una delle sette meraviglie del Portogallo. A chi piace il genere, le grotte sono grandiose (paragonate a ragione ad una cattedrale sotterranea), e i giochi di luce e acqua le rendono ancora più spettacolari. In agosto c'è un sacco di caciara e la spiegazione della guida non si sente quasi per niente per quanto è lunga la fila che percorre le passerelle.
E finalmente è la volta del meraviglioso Mosteiro da Batalha. È circa mezzogiorno, l'orario più propizio per osservare i fasci di luce colorati che il sole, attraversando le vetrate policrome, proietta sul pavimento e sulle colonne. La pietra bianca di Porto de Mós è diventata giallo ocra nel tempo, ma poco ci si fa caso entrando nella splendida cappella gotica dove dimorano eternamente il re Giovanni I e i suoi familiari. Anche qui le decorazioni manueline prevedono simboli marini e si alternano alle slanciature tipiche del gotico flamboyant e del gotico perpendicolare. La Cappella incompiuta rimane a testimonianza che il monastero non venne terminato, mentre la sala capitolare rimanda i visitatori alle ragioni militari della fondazione: due sentinelle stanno di guardia alla tomba del milite ignoto morto nella Prima guerra mondiale.
Il Monastero fu infatti fatto costruire dal Re Giovanni I in segno di ringraziamento per una vittoria militare. Era il 1385. Sulla vicina piana di Aljubarrota si svolse la battaglia decisiva fra le truppe spagnole e quelle portoghesi, in inferiorità numerica rispetto al nemico. La vittoria dei portoghesi sancì l'indipendenza del Portogallo e l'ascesa al trono della dinastia dei d'Avis che regnerà nei due secoli successivi (il periodo di maggior gloria della storia nazionale, quello dei grandi viaggi e della colonizzazione delle terre scoperte).

Racconto di viaggio "C'ERA UNA VOLTA... IN PORTOGALLO"

Tagged under: Penisola iberica,