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Istanbul, di nuovo tu

Per via del mega ritardo del volo per Istanbul sono arrivata a Galata così tardi che quando il muezzin ha chiamato alla prima preghiera della giornata (ore 4:35) ero ancora sveglia. Il mio piano era passare una giornata a Istanbul e organizzare il primo spostamento verso sud, ma non avevo previsto che il giorno in questione coincidesse con la vigilia di Bajram, la più importante festa del Paese, la quale sarebbe durata quattro giorni. Oltretutto poi ho scoperto che questi quattro giorni si attaccavano con un facile ponte alla festa nazionale che cadeva il venerdì successivo e anche di conseguenza al fine settimana, creando una lunga vacanza di nove giorni. A maggior ragione, partire verso il sud ovest il venerdì 8 luglio era impossibile: tutti i mezzi di trasporto erano già prenotati. Vogliamo aggiungere che non potevo acquistare un biglietto online perché non accettavano le mie mastercard? Oppure che volevano un numero di telefono turco che non possedevo? Alla fine, su consiglio di un ragazzo gentile che lavora in un'agenzia di viaggi a Sultanahmet, ho deciso di raggiungere la Cappadocia via Ankara, riservandomi di comprare il biglietto alla stazione.

Nel frattempo Istanbul ha sempre il suo fascinoso splendore di gabbiani, pescatori, bancarelle, frutta, ponti, foulard, mentre me la cammino col sorriso prontissimo. Un ristoratore del ponte di Galata mi invita per un tè perché ha voglia di fare due chiacchiere, e la sua prima domanda è: Perché gli italiani non vengono più tanto in Turchia? Io ho accennato alla serie di conoscenti, quelli che non avevano avuto niente da ridire quando ero andata ad esempio in Siria o in Etiopia. Ma gli ho detto anche che hanno paura del Covid, gli italiani. Questa domanda me l'hanno fatta anche altre persone nel resto del viaggio, tra cui un venditore di tappeti e operatore del turismo che mi ha fermato a Konya, esprimendo la speranza (da me incarnata) che dopo la pandemia tornassero i turisti occidentali a Konya. Costui, quando gli ho raccontato le mie difficoltà logistiche legate al Bajram, ha aggiunto strizzando l'occhio: "È anche per questo che si viaggia, no?" Comunque il ristoratore del ponte di Galata, come il 90% delle persone incontrate nel Paese che hanno chiacchierato con me anche per una o due ore, era curdo, precisamente di Mardin, che è una città che ho nel cuore e che ritrovo negli occhi del ristoratore del ponte di Galata e negli occhi buoni, umani, solidali di tutti gli altri.
In queste due striminzitissime giornate a Istanbul, ho fatto anche la visita al palazzo Topkapı e la crociera sul Bosforo, dove ho visto i delfini e ho visto anche più bandiere turche in un'ora che bandiere italiane in anni. I prezzi sono ancora bassi rispetto all'Italia poiché la Lira Turca ha perso molto valore negli ultimi tempi, anche se in certi luoghi bisogna stare attenti: ad esempio in un locale di Galata sono stata accolta festosamente da tutta la comitiva di giovani che ballava sulle note del dj e poi il titolare voleva farmi pagare quasi dieci euro due dita di raki (che io naturalmente non gli ho dato).

Prima di raggiungere la stazione degli autobus di Esenler ho deciso di andare all'hamam di Balat che già conoscevo, ma evidentemente ho sbagliato l'ingresso perché quello che conoscevo io era solo femminile mentre qua erano tutti uomini. Superato l’imbarazzo iniziale, anche perché nel frattempo era arrivata una ragazza polacca col suo fidanzato, il mio massaggio, per quanto superprofessionale anche se troppo energico, pareva durare per sempre e sono stata io a un certo punto a dire all’energumeno il cui sudore mi sgocciolava addosso da troppo tempo: Scusa ma quando finisce? Insomma me ne sono andata abbastanza seccata e con i capelli bagnati.
La Turchia non è stata toccata dal gran caldo che ha afflitto l’Europa (in Cappadocia un tizio mi ha detto che quest'anno l'estate non è mai arrivata): questo per dire che girare con i capelli bagnati nella sera di Istanbul non è stata una genialata. Poi ho cenato in un ristorante così fuori dai circuiti turistici che il menu era indecifrabile e per loro io ero una celebrità.... come in India! Il solerte titolare mi ha chiamato un taxi per la stazione aprendomi cerimoniosamente lo sportello, il tassista è stato così super espansivo che poi non ho badato al taximeter e quando all'arrivo mi ha chiesto una somma esagerata io gliel'ho pure data perché nel frattempo ero arrivata all'inferno.
La stazione degli autobus di Esenler il venerdì sera pre-Bajram era un caos inestricabile, in cui riuscire a comprare un biglietto per Ankara è stato un miracolo (per il quale devo ringraziare un sollecito e simpaticissimo impiegato che parlava addirittura un po’ di inglese), e poi per due ore non si è capito più niente perché nessuno sapeva da dove il proprio autobus sarebbe partito, e c'erano tipo 50 persone che cercavano di tirare il braccio all'unico impiegato deputato a dare informazioni e ho assistito ad almeno due tentativi di rissa, finché ho trovato uno con la maglietta gialla che aveva il biglietto per il mio stesso autobus e mi sono appiccicata a lui finché siamo partiti, circa due ore dopo l'orario ufficiale.

Gallerie fotografiche

Istanbul - luglio 2022:

Istanbul - marzo 2018:

Racconto di viaggio "COSE TURCHE. Destinazione Cappadocia"

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