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Musei storici slovacchi

Sered' negli anni ’40 del Novecento fu sede di un campo di concentramento dove furono rinchiusi oltre 16000 ebrei, poi deportati nei campi di sterminio. Gli edifici del campo dal 2016 ospitano il Múzeum holokaustu v Seredi, dedicato appunto alla storia della Shoah in Slovacchia. Per raggiungere questa località ho preso il treno con cambio a Trnava. Il museo in linea d'aria si trova proprio accanto alla stazione, ma poiché non ci sono mezzi pubblici per arrivarci devo fare un lunghissimo giro a piedi per almeno mezz'ora sotto il sole cocente. Prima di tutto ho visto alcune delle video interviste a ebrei perseguitati all'epoca, anche perché si trattava di stare comodamente seduta in un locale con l'aria condizionata (e ne avevo proprio bisogno). Poi mi sono avventurata nelle baracche, ognuna allestita con un tema diverso. Giornali e foto d’epoca mostrano le condizioni di detenzione e lavoro forzato a cui sottostavano i deportati, mentre una sezione è dedicata alle vittime dell’Olocausto e a coloro che rischiarono la vita per aiutare gli ebrei. È visibile anche una carrozza ferroviaria, in origine adibita a carro bestiame, che veniva utilizzata per il trasporto dei prigionieri ai campi di sterminio. Nelle circa due ore che ho impiegato a visitare il museo non ho visto nessun altro visitatore.
A Sered' a parte questo non c'era altro di interessante da fare nella torrida controra, così sono tornata a Trnava, approfittando per fare due passi nel centro prima di prendere l'autobus per Banska Bystrica. Trnava è tra le più antiche città della Slovacchia, soprannominata nientemeno che "piccola Roma" a causa di una cerchia di mura e di diverse chiese di antica fondazione. Quando l'Ungheria fu conquistata dai turchi nel 1500 diventò la capitale religiosa del regno di Santo Stefano, che conservò fino al 1820. Oggi è considerata il luogo dove si beve il miglior caffè di tutta la Slovacchia.

Sono arrivata in questa ridente cittadina della Slovacchia che si chiama Banska Bystrica. Bisogna sempre avere una scusa valida per visitare queste località che nessuno di noi aveva mai sentito nominare prima, e io ce l'avevo.
Appena entro in ostello, un ragazzo belloccio con una grandissima valigia mi saluta calorosamente (poi ho scoperto che lì dentro aveva l'amplificatore, infatti poco dopo si è messo a suonare la chitarra a cappello nella piazza principale). Quindi arriva un tunisino che appena scopre che sono italiana reagisce come se avesse visto una celebrità: nonostante fosse un po' affaccendato, molla tutto e si siede a parlare con me per dirmi che ha vissuto in Italia per tanti anni, ma purtroppo poi si è sposato con una slovacca e quindi si sono trasferiti a Bratislava, ma pensa sempre all'Italia, di cui è perdutamente innamorato. Finalmente è il mio turno per il check-in. Il giovane receptionist, invece di fare il check-in, comincia subito a parlarmi di cucina italiana e mi fa vedere un video in cui un famoso ristoratore del parmense spiega come fanno le lasagne, che secondo il receptionist slovacco così sono più semplici, con pochi strati e col ragù cotto per circa quattro ore. Poi, dopo diversi minuti di video, prende il telefono e mi mostra le foto della pizza napoletana, che lui fa a casa e comunque non ha niente da invidiare rispetto a quella originale. Mentre stava scorrendo le foto di altri cibi italiani in cui lui eccelle (come la pasta alla carbonara) si è affacciato un ragazzo tedesco, il quale mi ha comunicato in italiano che all'università ha studiato la mia lingua, annunciando che anche lui si dedica con profitto alla gastronomia del belpaese. Mo' il fatto è che io non vedevo l'ora di farmi una doccia dopo un'intera giornata a sudare nei 36 gradi di questa calda estate mitteleuropea e questo col cavolo che ricopiava i dati della mia carta d'identità, così mi sono rivolta a loro nella lingua più bella del mondo (che "sembra che cantate quando parlate") dicendo: "Beh, ragazzi, adesso basta!"
Il vivace centro storico di Banska Bystrica si sviluppa tutt’attorno a un’ampia e gradevole piazza dove sono allestiti i dehors di diversi bar e ristoranti, in uno dei quali consumo una cena squisita. Le chiese, i palazzi e le fortificazioni risalenti al tardo Medioevo sono ancora presenti: gli edifici dello storico castello oggi sono occupati da un bar ristorante dove mi siedo per bere una birra scura. Un tizio di Kosice seduto al tavolo vicino al mio mi rivolge la parola e mi chiede cosa ci faccio là. Alla fine della nostra chiacchierata mi dà il suo numero di telefono in maniera tale che, quando andrò nella sua città, potrò contattarlo e ci potremo vedere, insieme alla moglie e ai figli naturalmente, di cui mi mostra le foto.
A differenza di tanti che vengono qui per passare la notte nella famosa discoteca "Ministry of fun", io sono qui per visitare il Museo dell’Insurrezione nazionale slovacca, allestito all’interno di un massiccio edificio in cemento armato, composto da due ali connesse tra loro da un ponte: oggi fervono i lavori di pulizia, riordino, montaggio palco eccetera, in vista della grande celebrazione che ci sarà martedì prossimo, 29 agosto, giorno di festa nazionale. Fu in quella data che nel 1944 venne proclamata in questa città l’insurrezione generale contro l’occupazione tedesca e contro il governo collaborazionista di Jozef Tiso, a cui presero parte varie fazioni: unità ammutinate dell'esercito slovacco, formazioni partigiane, partigiani comunisti e forze internazionali. Anche dopo che l'insurrezione fu sconfitta dai tedeschi, la guerriglia continuò fino alla liberazione della Slovacchia da parte dell'Armata Rossa nel 1945. Il museo conserva una vasta documentazione storica sul periodo compreso tra il 1918 e il 1948: ad esempio c'è una presentazione interattiva di grande impatto sui regimi antidemocratici che si affermarono in Europa tra le due guerre, ma anche una postazione in cui il visitatore è invitato a vivere il punto di vista di un soldato in trincea. Nel parco antistante sono collocati mezzi pesanti in dotazione all’esercito slovacco durante la seconda guerra mondiale, tra i quali alcuni carri armati, il treno blindato Štefánik e l’aereo di supporto Li-2, che paracadutava truppe e rifornimenti ai ribelli. Nel dopoguerra, il regime filo-sovietico cecoslovacco presentava l'insurrezione come un evento organizzato e capeggiato dai comunisti. I nazionalisti slovacchi, d'altro canto, sostennero che l'insurrezione fu un complotto contro la nazione slovacca, poiché uno dei suoi obiettivi principali era di rovesciare la Repubblica slovacca e di ristabilire la Cecoslovacchia, in cui gli slovacchi erano soggiogati dai cechi. Ho chiesto a un impiegato del museo se da qualche parte avrei potuto trovare testimonianze storiche relative al periodo comunista, ma mi ha detto di no. Mi devo accontentare del bassorilievo accanto all'ingresso del palazzo delle poste.

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